Saluti

Mi chiamo Stefania De Biasi. Nel 2008 ho creato appuntidicarta – uno dei primi litblog italiani monautore – quando ancora il format richiesto si avvicinava più al longform che alla rassegna a note e la determinazione dell’identità autoriale non rientrava nelle necessità della blogging culture. L’ho curato e mantenuto attivo fino alla fine del 2024. AdC resterà visibile, ma non verrà più aggiornato. Ringrazio tutti coloro – davvero tantissimi – che nell’arco di questi sedici anni sono passati da qui: lettori, case editrici, scrittori, studenti per le tesi di laurea, giornalisti. Se desiderate, potete trovarmi qui: https://cinquepassifuori.blogspot.com/.

Questa è la storia di un post fantasma

Ovvero il post mensile di recensione – nello specifico la recensione-approfondimento di Aprile, del mese che avrà termine tra dieci minuti scarsi; a meno che io non decida di fare la furbetta e recuperare questo spazio, modificarne il titolo, buttarci dentro qualche parola.

Ma poi, in questo mese di zona rossa, ho letto dei libri di cui sarebbe interessante parlare qui sul blog? Sì, almeno un paio – ma non li ho finiti. E su questi due o tre ancora non sono riuscita a informarmi bene – con precisione, perché non sono libri facili e nel caso in cui se ne voglia parlare, bisogna usare contezza. Ne ho letti pure anche altri che ho lasciato a metà e alcuni di cui ho letto soltanto pochi capitoli perché no, impossibile andare avanti.

Insomma le letture di questo 2021 camminano col passo del gambero, hanno il singhiozzo, si infrangono e si rompono.

Anche il Twitter è complicato da gestire per via di un certo livore perenne che avvelena le conversazioni – o di converso le inzucchera con la finta accondiscendenza della piaggeria; le presentazioni on line scarseggiano, le nuove uscite sono celebrate tutte indistintamente con gran spesa di intento tanto che non è più possibile comprendere cosa sia valido e cosa invece no. La critica negli inserti culturali è morta – ammazzata un po’ dai suoi stessi virtuosismi elitari e sterili, un po’ dalla bagarre sul politicamente corretto, un po’ dal sito del Libraccio che a 4 ore dall’uscita del caso letterario dell’anno ne vende un paio di copie “usate ma intonse”. Un momento complicato insomma, Vediamo come saprò gestirlo, non lo so nemmeno io. Cinque, quattro, tre, due, uno, buon primo maggio.

Cieli blu.

Sicché, al 4 maggio siamo giunti, manca proprio poco. Io l’avevo promesso: sarei arrivata fino a qui, in qualche modo; quindi ora non posso fare altro che ringraziare tutte le persone che in questi 72 giorni sono rimaste con me su ADC e mi hanno aiutata, ciascuno a modo proprio, con le proprie risorse e competenze, a portare avanti questo spazio che spero sia riuscito a mantenere quella funzione, come l’ho sempre voluta, di luogo in cui condividere idee, cultura, riflessioni, letture.

In rigoroso ordine sparso – sperando di non far torto a chi mi capitasse d’aver lasciato fuori – ecco quindi il mio debito di gratitudine; prendetelo a mani giunte, come nel gassho – potere antico di migliaia di anni, i due palmi giunti a significare il contatto tra due individui che entrano in relazione l’uno con l’altro.

  • Isolaria Pacifico, Mila Spicola, La Ricerca, Lavoro Culturale, maestri e maestre con cui ho parlato sul Twitter, che mi hanno accompagnata a comprendere e approfondire il rutilante mondo della DAD – la didattica a distanza (o meglio, d’emergenza) -condividendo non solo dubbi e criticità ma anche idee e proposte per una scuola sempre più inclusiva e al passo coi tempi. Grazie, non so come potrò ricambiare.
  • Le case editrici che hanno messo ADC a parte delle loro letture e dei loro progetti, come La Nave di Teseo: l’editoria ha bisogno di spunti nuovi e se è vero che il digitale non è tenuto a salvare il mondo delle lettere, è tuttavia reale e concreta la sua capacità di far da connessione tra chi i libri li fa e chi i libri vuole continuare a leggerli.
  • Le torinesi più coraggiose che io conosca: Monica Bedana, Angela Rastelli – e Marta Barone. A cui si aggiunge Giulia Passarini, a cui mando un cuore speciale, anzi due. Cazaladies, come mi mancate, tutte quante, come vi sento vicine.
  • I miei due, Luca Albani & Francesco Guglieri, che mi guardano sempre da lontano e qualche volta si fanno avanti a indicarmi la strada – come al solito.
  • Giuseppe Strazzeri: onore imperituro alla pazienza da mentore che usa nei miei confronti.
  • Tutti gli scrittori e le scrittrici con cui ho chiacchierato e che mi hanno raccontato del prima – e poi anche del dopo-virus. Di come sarà nelle lettere, di come si vorrebbe che fosse. Siete in tanti, grazie a tutti – ognuno di voi sa.
  • Grazie a tutti gli appassionati del #cosaabbiamofattooggi: è stato un bel progetto che ho costruito prima di tutto per me, per portare a casa le giornate – ma a quanto pare è piaciuto a tanti. Cosa abbiamo fatto oggi finisce qui, oggi, con il link a questo post. Grazie, i vostri cuori sono stati compagnia inesauribile e fonte d’ispirazione quotidiana. (Noi continueremo con le nostre avventure tra compiti, cornicette, attacchi d’arte e disperazioni, comunque – e ne terrò traccia, qui e là)
  • Infine – last but not leastgrazie a miei dodicimilaetrecento: qualcuno è arrivato, qualcun altro è andato via. Lo so, non siete sempre tutti d’accordo con me e ve ne ringrazio: sapete bene che la super-bolla autoreferenziale non è un mio obiettivo. Quindi continuate a defolloUarmi, nel caso: questo è l’unico modo, a volte, per capire dove si sta andando e dove si vuole andare (due questioni che non sempre coincidono).

Con giudizio, Michele. Mi fido” – si dice in uno dei miei libri del cuore. Mi raccomando quindi, andate avanti con giudizio: mi fido.

Nota: in foto, una delle immagini che vi è piaciuta di più: è il cielo di Milano in una giornata della settimana scorsa, una primavera che strizzava l’occhio al mare. Questa mia Milano, troppo vissuta e poco compresa, ne esce stremata e nulla tornerà come prima. Sarà meglio o peggio, ora non si può sapere. Di questi giorni noi tutti ricorderemo le sirene delle ambulanze che invadono le stanze delle nostre case, fin dentro al nostro dormiveglia della notte ma anche il silenzio per le strade, l’aria diventata a un tratto limpida, le rondini e i grilli – il canto di tantissimi grilli, sulla massicciata del treno.

Un ebook non ci salverà, ma forse sì. 1: Gli Squali

Di questi tempi accade che chi prima leggeva adesso non ne possiede più l’attitudine, e si capisce. C’è però chi, magari contrariamente al passato, gliela fa – e riesce o a concentrarsi su questioni lunghissime oppure – vuoi per il tempo a disposizione, drasticamente diminuito, vuoi per quella necessità che il lettore sente spesso, di collezionare tante storie e tutte insieme – preferisce le letture piccole.

Io sono parte della seconda categoria comma 2: gliela faccio ma a piccole dosi. Sicché anche questo è un post piccolo, giusto per segnalare – cosa che capita raramente ma mi pare che il tempo presente in qualche modo lo richieda – la nuova collana in ebook di La Nave di Teseo. Si chiama gli Squali e raccoglie piccoli (pure nel prezzo) romanzi brevi o racconti di impressione noir, veloci da leggere ma direi convenientemente indimenticabili data la caratura degli autori: Richard Powers, Michael Cunningham, JCOates, Scerbanenco e tanti altri.

Io mi sono comperata (1.99eu) “Modulazione“, di Richard Powers, perché sono sempre stata convinta che gli scrittori, quelli intelligenti, possiedano sistematicamente la capacità di guardare oltre.

Leggete, continuate a leggere: gli ebook forse non salveranno il mondo dell’editoria e neppure è richiesto che lo facciano ma in questo momento creano quello che per me è il punto d’incontro. Il punto di contatto tra chi produce libri (e malgrado le complicazioni continua a farlo) e chi dei libri non può fare a meno, nonostante la difficoltà nel recuperarli e nell’affrontare quel gesto dell’aprirli, che ora ci costa così tanto, ed è così prezioso.

Agosto in compagnia: longform, reportage, riviste, narrativa

internazionale

La bella notizia è che in Agosto non tutti vanno in ferie – o forse ci vanno pure ma prima di abbassare le serrande si premurano di lasciare noi, longform e reportage addicted, ben equipaggiati.

Questo che segue è il mio personale elenco di letture estive, o meglio, una parte di quello che sta spiaggiato, adesso, sul mio comodino: un’isola di conforto specie per me, che son quella che di notte, quando non riesce a prendere sonno, pensa agli autogrill sparpagliati lungo la A14 e aperti 24 ore su 24, e a chi ci lavora dentro; quella che non riesce ad ascoltare i programmi radiofonici in differita, ma solo in diretta, quella che nei centri commerciali non entra mai dopo le otto di sera. Sono fatta così: una personalità abbandonica.

Sicché non manco mai di comperarmi lo speciale estivo di Internazionale, che quest’anno tra l’altro è dedicato al tema del viaggio: 164 pagine di reportage e foto da tutto il mondo, tra cui – solo per dire:

  • “La Nato gioca alla guerra”, di Alexander Schnell (Svizzera): all’apice della crisi in Ucraina, l’alleanza atlantica ha svolto delle grandi esercitazioni in Baviera. Decine di persone sono state pagate per recitare il ruolo dei civili sul campo di battaglia
  • “Pellegrinaggio sul monte Fuji”, di Magdalena Rittenhouse (Polonia): venerata come una divinità per la forma e le proporzioni perfette, la montagna più famosa del Giappone è un vulcano attivo che non erutta da trecento anni
  • “La grande traversata”, di Elizabeth Weil (USA): nel 2017, a settant’anni, il polacco Aleksandr Doba ha attraversato l’oceano Atlantico in canoa. C’era già riuscito nel 2010 e nel 2013. L’anno scorso è partito dal New Jersey e dopo 110 giorni è arrivato in Francia
  • “La Cina guarda in alto”, di Ross Andersen (USA9: tra le montagne del Guizhou è stato costruito un gigantesco radiotelescopio per cercare i segni di intelligenze extraterrestri. Ma qualcuno spera che non trovi niente

E sono soltanto a pagina 70. Fatevi voi un’idea della vastità della questione, che non finisce qui perché anche on line (nella sezione foto / portfolio) c’è parecchio materiale: ad esempio la presentazione del volume “Un’estate con te” di Claude Nori (una cosa talmente bella che non si riesce neanche a descrivere) o di “Super Extra Natural“, il photobook dal Giappone (16 viaggi, dal 2004 al 2016) della fotografa statunitense Emily Shur.

un estate con te

super extra

Salvati nei preferiti ho anche tutti gli articoli di Studio estate pubblicati fin’ora: Anna Momigliano, Davide Coppo, Clara Mazzoleni, Francesco Longo, Silvia Schirinzi, Letizia Muratori, Teresa Bellemo, Elena Stancarelli scrivono per ricordarci come eravamo (“Il fascino dello stabilimento balneare“), come siamo (“L’abbronzatura, l’ultimo dei tabu” – “Il gelato come illusione“) e come saremo (“I gonfiabili da piscina ai tempi di Instagram“).

Anche la costola on line della rivista “La Ricerca” propone spunti interessanti: Gian Paolo Terravecchia (Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova) riflette su “Cellulare in classe: problemi e prospettive” mentre Mauro Reali (Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica e autore di testi Loescher) firma la recensione al volume “Arcipelago: isole e miti del Mar Egeo” di Giorgio Ieranò (Einaudi, 2018)

E poi, last but not least, i racconti di Inutile: per non perdere il vizio.

Ce n’è abbastanza per un’estate intera? Tecnicamente sì, ma anche no. Se avete altri consigli o suggerimenti, scriveteli qui nei commenti oppure a info@appuntidicarta.it : sarò felice di condividerli.

“Gli schermi sono finestre attraverso cui osserviamo. Davanti a loro siamo spettatori. I libri, invece, sono porte. Il lettore non resta fuori a guardare; deve entrare e costruire il libro via via che lo legge. Forse per questo in treno i lettori alzano spesso lo sguardo al finestrino: come chi s’immerge in apnea e ha bisogno di tornare in superficie per respirare. Quelli che guardano gli schermi somigliano più ai sub professionisti. Non hanno bisogno di risalire spesso in superficie, ma le mute gli impediscono di sentire l’acqua sulla pelle. Guardare dal finestrino del treno è sempre un invito a pensare, a ricordare, a immaginare. Un po’ come leggere.” (“Costruire mondi”, di Cristian Vàzquez, Letras Libres, Messico – Internazionale viaggio, editoriale pag. 11)

Buona lettura 🙂

 

 

 

Laboratorio Formentini: “leggere”, la sfida di Rosellina Archinto

Vorrei spendere poche parole per consigliarvi l’esposizione inaugurata ieri sera al Laboratorio Formentini. Si tratta di un eccezionale excursus vòlto a celebrare la storia della rivista “leggere“, il mensile di attualità letteraria fondato nel 1988 da Rosellina Archinto, che per dieci anni e 90 numeri ha “cercato soprattutto di riflettere su che cosa è la lettura e come si deve leggere” (Rosellina Archinto, “La sfida di leggere“, pag3).

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Per chi, come me, ha scoperto “leggere” sui banchi del liceo (grazie a professori lungimiranti) questa mostra è l’occasione per ripercorrere in maniera più matura e consapevole un momento molto particolare della storia della cultura italiana, dall’editoria al design. Per i più giovani, invece, è un’opportunità unica per approfondire la conoscenza di una delle figure di spicco dell’editoria italiana (Archinto, Emme Edizioni, Babalibri) avvicinandosi ai suoi metodi di lavoro e alla sua passione per “la polifonia di idee, riflettendo su ogni aspetto della realtà, della letteratura, dell’arte, di ogni forma di espressione” (Rosellina Archinto, “La sfida di leggere“, pag3).

Consiglio caldamente di recuperare presso il Laboratorio, se ancora disponibile, il fascicolo distribuito ieri sera, che raccoglie l’introduzione a firma Rosellina Archinto che ho citato sopra, il contributo di Andrea Aveto (Letteratura Italiana contemporanea, Università di Genova) e quello Giovanni Baule (Design, Politecnico di Milano), oltre alla schedatura della rivista.

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Nota al catalogo: il catalogo completo è disponibile sul sito della Fondazione Mondadori (presso cui la collezione leggere è depositata) e consultabile tramite un OPAC dedicato. Esso comprende le schede bibliografiche relative ai novanta fascicoli pubblicati da maggio 1988 a settembre 1997.

Sul Twitter di ADC trovate il racconto della serata di ieri – anche con hashtag #covers e #coverstories – e ho pubblicato qualcosa anche su Instagram @appuntidicartaadc (siate veloci, tra poco tutto scompare, perché utilizzo solo le Stories).

L’esposizione sarà aperta fino al prossimo 4 Ottobre, dal lunedì al venerdì con orario 14-19, compatibilmente con le attività del Laboratorio.

leggere è stata davvero un teatro di democrazia che, nell’eccezionale ricchezza di collaboratori illustri – da Isaiah Berlin a Elémire Zolla, da Ceronetti a Starobinski, da Ben Jelloun a Sanguineti, da Malerba a Paz  – ha intonato una polifonia di idee” (Rosellina Archinto, “La sfida di leggere“, pag3)

Di blog indipendenti, biblioteche, prestito digitale e SlowReading

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Intro. 65mila nuovi titoli all’anno: regole di sopravvivenza per lettori forti

Diciamolo apertamente, l’ossessione del lettore forte è sempre e soltanto una: recuperare la materia prima. Il lettore forte ci pensa da mattina a sera e pure durante la notte perché, lo capìte bene, di fronte al panorama editoriale italiano fatto di 4608 case editrici (sì, quattromilaseicentootto) e “65mila i nuovi titoli su carta nel 2015, cui si aggiungono 63mila ebook”* c’è da perderci la testa e, siamo onesti, anche il portafogli. Questa bulimia letteraria si sparge ovunque e contagia un po’ tutti: l’editore, il libraio (specie se di catena), il lettore (che si deve destreggiare tra più di 150 uscite al giorno in un contesto in cui non è sempre vero che a prodotto costoso corrisponde libro di qualità) e chi a vario titolo si occupa di editoria.

1. Il “book”-blogger indipendente, un lettore forte molto particolare. Modalità di approvvigionamento: l’alternativa esiste, è il circuito bibliotecario

Dentro a questo ricco minestrone ci mette del suo (tadaà!) anche la figura un po’ stramba del “book”-blogger indipendente, che o è cliente platinum della Gringotts Wizarding Bank oppure per far quadrare i conti** – al netto degli invii omaggio che, come sapete già, per il”book”-blogger indipendente non rappresentano la best option – deve di necessità affidarsi a un buon circuito bibliotecario.

In realtà la questione è più ampia e riguarda proprio la bulimia di cui al capoverso precedente, perché ha a che fare con il mio scarso apprezzamento – personale si intende – verso quel “tutto e subito” a cui ci vuole abituare un certo tipo di compravendita. Senza stare qui a sciorinarvi pipponi non richiesti sulla mia avversione verso l’e-commerce, vi dirò soltanto che a me la biblioteca piace perché c’è caso che, per viverla, sia necessario aspettare e dedicare del tempo non tanto alla lettura in sé ma alla scelta di cosa leggere.

2. Il #ConvegnoStelline 2017: “Tecniche e strategie di condivisione”

Per non parlare del ruolo sociale che le biblioteche hanno sempre ricoperto, e di tutto il lavoro che c’è dietro ai progetti “da spazio pubblico a spazio partecipato” che da anni stanno coinvolgendo il mondo della biblioteconomia.  Settimana scorsa ad esempio si è svolto qui a Milano l’annuale #ConvegnoStelline, due giornate di riflessione sui temi più importanti della biblioteconomia contemporanea. Quest’anno l’attenzione si è focalizzata sul concetto di biblioteca aperta: “trasversale, convergente, inclusiva, capace di utilizzare le opportunità offerte dalla tecnologia per realizzare un progetto culturale dallo straordinario valore sociale”, seguendo un percorso di analisi e riflessioni partite due anni fa con gli studi sulla biblioteca digitale e sull'”architettura dei servizi e dei contenuti professionali”.

3. MLOL: la prima rete italiana di biblioteche pubbliche per il prestito digitale

Tra le iniziative collaterali proposte dal Convegno Stelline c’è stata anche la serie di incontri promossa da MLOL, che è la prima rete di biblioteche pubbliche per il prestito digitale – ed è lo strumento che da un po’ di tempo utilizzo anch’io quando decido di servirmi dei servizi bibliotecari.

Schermata 2017-03-28 alle 14.57.48Non c’è da fare nient’altro se non iscriversi a una delle biblioteche aderenti (al momento più di 5000), e poi tutto funziona come un normale prestito bibliotecario: si consulta gratuitamente l’offerta digitale della struttura di riferimento e si sceglie quello che occorre. Se quel che occorre non è al momento disponibile, si prenota, e poi le notifiche arrivano in email (ndr: per un testo ho aspettato… 1 giorno. Per un altro, molto richiesto e appena uscito, 4). Le opzioni sono molte, dai prodotti per la consultazione a quelli abilitati per il download, fino alle risorse open. Qui trovate tutte le informazioni. ***

4. Conclusioni …e buona lettura

Insomma la verità è che andare in biblioteca non è tanto l’atto pratico del recarsi lì. Andare in biblioteca significa informarsi sulle novità, muoversi per tempo, operare una scrematura, richiedere il testo e forse anche mettersi in lista per averlo. Ah, il tanto vituperato principio dell’attesa.

Mi dà poi l’impressione che la modalità del prestito (ndr: qui da noi è possibile chiedere 6 testi cartecei e 3 digitali al mese) favorisca inoltre la ricalibrazione del processo di lettura: se da una parte limita la quantità del leggibile – Dio, ti ringrazio – dall’altra abitua il lettore (quello debole, soprattutto) a un ben determinato ritmo di lettura – che oggi abbiamo un po’ perso(?) – e che solo con la pratica può diventare il proprio, personale modo di leggere.  Penso che il lettore diventi capace di operare scelte consapevoli nel momento in cui entra in biblioteca – o in libreria – solo quando è pienamente consapevole di quel che è in grado/ha voglia di leggere. In altre parole, dal comodino zeppo di libri intonsi che non leggeremo mai perché “l’ho comperato ma non mi piace”, ci salva soltanto l’esercizio pratico della lettura; e la biblioteca serve proprio a questo, a metterci in gioco come lettori, rendendoci consapevoli dei nostri limiti e dei nostri punti di forza.

Quindi… buona lettura.

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*Purtroppo non sono cifre campate in aria. Sono i dati AIE 2016, e li trovate qui 

** Per un blog indipendente il problema fondamentale è uno solo: rimanerlo. Insomma navigare nel vasto mare magno della rete (traduzione: “in modo che qualcuno, almeno qualcuno, ti legga”) creando un delicato equilibrio tra quella roba un po’ misteriosa che è la brand reputation e tutte quelle cose da fare che creano la “linea editoriale” del blog stesso (altrimenti detta concept – non so quale dei due termini sia il più brutto, se ne trovate uno migliore fatemelo sapere). In mezzo a tutto questo c’è la delicata questione dell’invio dei prodotti omaggio, che nel nostro caso sono rappresentati dall’oggetto-libro: un prodotto un po’ particolare per via delle implicazioni etiche a presupposto di ogni post-consiglio di lettura- recensione (chiamatelo come vi pare) che il blogger decide di pubblicare sul suo spazio on-line.

***Il prodotto MLOL è affiancato dalle diverse offerte personalizzate tra cui MLOL Scuola e MLOL Plus, catalogo ebook delle biblioteche italiane disponibili al prestito tramite abbonamento e titoli in vendita.

ADC blog: i post che avete letto di più

Se leggete questo post: BENVENUTI! Finalmente siete arrivati sul nuovo ADC. Che aveva bisogno di un po’ di cosmesi, dopo tanti anni di onorato servizio (appuntidicarta.it è on line dall’aprile 2010, per amor di precisione). Al netto del layout, le novità non hanno toccato la struttura di base: si è trattato soltanto di dare consistenza ad alcune idee già presenti, come la linea editoriale “indipendente” (sì, ancora: uno di quei casi in cui perseverare è innegabilmente diabolico) e la sezione iconografica.

Ora, diciamolo subito: funziona tutto? NO. Nonostante la buona volontà, ci sono ancora un paio di questioni da risolvere, tra cui le indicizzazioni da Google e la gestione dei link interni. Hai detto niente. Un’altra spiacevolezza è la faccenda dei Google Rankings rispetto alla quale posso rimediare subito, almeno in parte: qui di seguito infatti potete trovare i link ai dieci post che vi sono piaciuti di più nell’ultimo anno. Cliccate e potrete leggerli direttamente sul nuovo ADC blog! EVVIVA!

  1. “Il Cardellino”, di Donna Tartt
  2. “Una famiglia quasi perfetta”, di Jane Shemilt
  3. “La Sesta Estinzione”, di Elizabeth Kolbert
  4. “L’uomo di Marte”, di Andy Weir
  5. “L’imperfetta meraviglia”, di Andrea De Carlo
  6. “The Southern Reach Trilogy” di JeffVandermeer
  7. “Le ragazze”, di Emma Cline
  8. “Questa vita tuttavia mi pesa molto”, di Edgardo Franzosini
  9. “Città in fiamme”, di Garth Risk Hallberg
  10. “La fabbrica dei cattivi”, di Diego Agostini

Grazie a tutti, sia per le visite che hanno permesso la classifica di cui sopra, sia per la pazienza che avrete nell’attesa che il nuovo blog diventi operativo al 100%.

Ah chiaro: siate spregevolmente sinceri con i commenti sul nuovo layout, che diamine.

Un breve OT per parlarvi dei “perCorsi” di @Unimib

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Se siete alla ricerca di percorsi formativi nell’ambito della comunicazione e dell’informazione, per approfondire e migliorare i vostri skills professionali o – perché no? per acquisirne di nuovi, vi suggerisco di tenervi aggiornati sulle iniziative dell’Università degli Studi di Milano Bicocca. Iniziative a cui, ormai lo sapete fin dalle prime #BCM, mi fa sempre piacere dare visibilità.

@Unimib propone infatti una vasta offerta formativa in ambito Digital e Social Communication, rivolta a studenti, aziende, professionisti junior e senior. Dalla digital content strategy al social media marketing, dallo storytelling al reputation management, questi perCorsi si caratterizzano per la struttura agile (7-8 ore di formazione in un’unica giornata) e soprattutto per la garanzia di partnership con docenti di rilievo.

Cliccate qui se volete recuperare il momento dell’evento a cui ho partecipato ieri (#DigitalWriting: “write the way you speak” con Alessandro Lucchini, docente allo IULM e cofondatore della Palestra della scrittura); potete trovare on line sul sito dell’Università, alla pagina Digital&Social, alcune “video pillole” di questo e di altri seminari.

QUI trovate invece le informazioni sui prossimi corsi e le modalità di iscrizione. avete voglia di tornare sui banchi di scuola? Questo è il momento!

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"Books by foot" parte seconda: come se ne esce una volta che hai cominciato (tips&tricks e qualche sgamo)

Ricordate? Ci eravamo lasciati qui e siccome ogni promessa è debito, ecco a voi il risultato finale:
E’, tecnicamente parlando, solo una parte del tutto perché in realtà il tutto si compone di altri quattro scaffali, mancanti in foto, uguali a questi e ordinati  con sistema identico.
Procederò senza indugio con dei rigorosi bullet points riguardo al making of, a cui si mescoleranno dei simpatici e accattivanti tips&tricks dedicati – sia mai che qualcuno di voi voglia cimentarsi nell’impresa. Ma andiamo con ordine.
Qualche numero, giusto per farsi un’idea:
  • Volumi lavorati: più o meno 1200
  • Ore di lavoro impiegate: 2gg lavorativi, 6 ore/giornata
  • Volumi eliminati – sì, ho osato anche questo: un centinaio
Prima di cominciare, assicuratevi un numero di scatoloni di cartone sufficienti a contenere almeno i 3/4 dei volumi di cui sopra coprendo tutte le palette che volete utilizzare. Io ne ho presi cinque, questi qui, perché la dimensione 60x40x40 mi pareva fosse, tra le tante disponibili, quella con il miglior rapporto tra numero di volumi stipabili vs. probabilità di incriccarsi la schiena.
How to make it (no, il tutorial su youtube no, mi vergogno)
  • Presto detto. Tirate giù tutto (sì, TUTTO) e a mano a mano che spolverate, pulendo come più ritenete opportuno, sistemate ogni volume IN ORDINE PER COLORE negli scatoloni.
  • Io ho trovato comodo selezionare fin da subito i volumi di cui avevo intenzione di liberarmi (per mia organizzazione – vi dirò poi il perché – ho dedicato loro uno scatolone a parte). In questo modo è possibile stoccare il materiale in eccesso in altre stanze, si crea meno confusione e nello stesso tempo ci si fa un’idea immediata dei volumi rimasti.
  • E poi, cominciate a risistemare.
    • Dopo un lungo studio su Pinterest, di cui vi avevo già parlato, personalmente ho preferito un ordinamento orizzontale con continuità cromatica, come si vede dalla foto, perché mi dava l’impressione che questo schema si adattasse meglio alle dimensioni della mia libreria (più lunga che alta) e alla quantità di volumi/colore che possiedo, ma le combinazioni sono pressoché infinite.
    • Poi ho scelto la sfumatura dal bianco al nero sul verticale, partendo dal basso, perché i miei volumi bianchi sono risultati i più uniformi dal punto di vista del progetto cartografico (gli Einaudi per esempio) e la mia libreria ha, sotto tutta la scaffalatura, una serie di armadietti in color avorio che poteva garantire una certa continuità.
    • E qui siam giunti: le categorie.
      • Sono partita in primis da una macroarea: libri nuovi vs. già letti.
      • Per i volumi nuovi la questione è stata abbastanza semplice nel senso che non ho utilizzato alcuna specifica sottocategoria: ho una buona memoria quindi non ho avuto particolari remore a infilare un libro dietro l’altro. Ho cominciato poi a sistemare ogni ripiano in ordine alfabetico per autore, dalla A alla Z (attenzione, A e Z coincidono con l’inizio e con la fine di ogni fascia cromatica). Quando ho potuto, ho naturalmente accorpato testi dello stesso autore e/o della medesima casa editrice.
      • Andiamo ai già letti. NB: per ora non ho ancora sistemato l’ordine alfabetico, perché volevo prima vedere l’effetto d’insieme.
        • Siccome la mia collezione di non-fiction è scarsa, zoppicante e poco coesa ho deciso di conservare la narrativa davanti e la saggistica dietro (sì, sono due file per ripiano). Ero scettica sulla possibilità di accorpare autori e/o case editrici tenendo fede al criterio cromatico ma mi sono dovuta ricredere: la bella notizia è che di norma le case editrici – almeno quelle con un buon concept alle spalle – sanno il fatto loro, perché lavorano su una continuità stilistica ben precisa. Quindi vi ritroverete, ad esempio, l’Irene Nemirovsky di Adelphi tutta colorata di un bel rosa/violetto o i Vargas di Stile Libero con la famosa costa gialla; anche certa saggistica comunque non cede il passo: per esempio sono riuscita a sistemare la linguistica tutta insieme (dorso bianco). In ogni modo, vi ritroverete comunque nella necessità di rinunciare all’ordine per casa editrice che salvo appunto alcune situazioni particolari non potrà essere mantenuto. Qui dovete convincervi da soli: io non pensavo di essere pronta al grande passo ma poi, superati i primi momenti di shock alla vista degli Adelphi sparpagliati qui e là, me ne sono fatta una ragione e vi confesso che proprio così male non stanno, in giro per la libreria. Naturalmente non finirò mai di ringraziare Einaudi o Sellerio che con la consueta eleganza mi hanno tolto da grandi ambasce.
        • E ora passiamo alla gestione delle eccezioni. Ammetto, qualche momento critico c’è stato: una lezione di Crisis Management? Direi di sì, perché ho scoperto che quando ti capita la pecora nera non ce n’è, in qualche modo bisogna sfangarsela. Di casi spinosi da dirimere ne ho avuti diversi, vediamone qualcuno:
          • un malefico manuale di glottologia marroncino e oblungo che con il resto della linguistica bianca e bassa non ci azzeccava proprio per niente
          • i vecchi Feltrinelli tascabili, per definizione tutti diversi l’uno dall’altro anche se dello stesso autore (Ballard, Pennac e Banana Yoshimoto per esempio)
          • Tutti gli Yates di Minimum Fax, dannazione
          • Gli Iperborea di Larsson
          • La narrativa italiana postbellica
E quindi, che si fa? Niente, perché sono quei casi in cui con l’archiviazione per palette non c’è verso di far tornare i conti. Sicché ho abdicato, scegliendo di puntare sull’unico soft skill che per ora non mi ha mai abbandonato, cioè la memoria fotografica.
  • Per l’autore di cui possiedo vari testi in edizioni differenti ho scelto di tener presente la copertina che mi ricordo meglio; la prima opera comperata, o quella che mi era piaciuta di più: insomma la cover a cui penso quando penso a quell’autore. Ad esempio, per Banana Yoshimoto in edizione economica ho considerato (ovviamente) “Kitchen” (dorso bianco); sicché ho dovuto tirarla per i capelli, prendere tutte le Banane-Feltrinelli economiche e infilarle dietro a “Kitchen”, IN SECONDA FILA.
  • Di Ballard mi innamorai quando in un’estate torrida lessi tutto “Mondo Sommerso” aspettando un autobus che di pomeriggio non arrivava mai, e quindi verdino mare fu.
Lo ammetto, la questione è molto personale perché questo sistema è adeguato e funzionale alle mie esigenze ma magari non lo è per le vostre: io di base ricordo le cover, NON le case editrici; quelle vengono subito dopo, di conseguenza, una frazione di secondo più tardi. Non era raro infatti che seguendo l’ordine per casa editrice mi perdessi qualcosa quindi diciamo che con questo sistema ci ho guadagnato. Ci sarebbe da rifletterci sulla questione ma non è questo il luogo, magari poi su questo fatto della memoria fotografica e dell’importanza delle cover ne riparleremo.
Ho operato in questo modo principalmente per i miei autori preferiti: non sono stata dura e pura? Eh lo so, ma come dicevo nell’altro post, sono convinta che la gestione della biblioteca di casa sia una continua lotta tra testa fuori e piedi freddi.
Ultime due note:
  • I classici della letteratura italiana. Quelli li ho lasciati a parte, in bella vista, su una mensola lunga sopra il televisore. Principalmente sono tutti Garzanti e Mondadori. Li ho lasciati lì perché penso che rappresentino una parte importantissima della nostra storia e da classicista quale sono credo fermamente che lo studio del passato sia imprescindibile per interpretare il presente e riflettere sul futuro. Quindi, figli, sono lì per voi.
  • Il fantasy, l’unico punto su cui ho derogato davvero. Di base è tutto black ed è sempre stato in alto a destra e quindi, fortuna vuole, lì è rimasto, intatto, perché i rari volumi policromatici (quasi tutti Longanesi) erano già in seconda fila. Un attacco di isteria a dire il vero mi è venuto con il terzo volume di “Queste Oscure Materie” che Longanesi chissà perché aveva avuto la brillante idea di fare GIALLO, rispetto agli altri due blu – roba che mi aveva infastidito già all’epoca. In realtà ci avevo anche provato, a sistemare Carofiglio di “Non esiste saggezza” vicino a Susanna Clarke. Li ho lasciati lì un’oretta, a vedere se si acclimatassero. Poi però ho avuto paura: dopo un po’ mi ha assalito un terrore viscerale, stava pure scendendo la sera e c’era aria di temporale. Ho avuto paura del Re Corvo: i libri si lasciano maltrattare, ci sono abituati, ma fino a un certo punto e con certa gente non è proprio il caso di mettersi a scherzare. Quindi, prima che facesse buio, ho riportato tutto all’antico ordine. C’è che poi, scendendo dalla scala, ho come avuto l’impressione di sentire un rumore, quasi un lieve sospiro. Ma avevo le persiane aperte, sicuramente sarà stato il vento del temporale in arrivo.

 

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Anticipazioni:
Nella prossima e ultima puntata di questa avventura casalinga vi parlerò di cosa si può fare con i libri che, per necessità o per scelta, si decide di eliminare.

Cos’è questo? “Twilight” in brossura a chi indovina! 🙂