"Red Chapel", di Mike Resnick

More about Red ChapelGrazie a 40K abbiamo scoperto Mike Resnick. Alla buon’ora, direte voi. Ebbene sì, vergogna assoluta, ma tant’è. Come a dire che le defaillances sono proprie anche di chi ce la mette tutta. Ora, temiamo che il tipo in questione ci crei dipendenza, e la cosa sarebbe grave visto il numero di pubblicazioni ( “I’ve published tens of novels and well over over two hundred short stories dice lui nella sua biografia. Annamobbene).

La questione è che disgraziatamente la produzione dell’autore contiene in sé quella trasversalità di utilizzo che rende la faccenda oltremodo spinosa.


E’ sera, fa freddo fuori, i vetri sono pieni di brina, il giardino condominiale è una pista di ghiaccio per pattinatori professionisti, i bambini dormono ed è pure Halloween? Ok, non è che proprio proprio amiamo Jack O’ Lantern alla follia, ma, via, uno scheletrino non ce lo leva nessuno.


Così, valà, mi leggo di Jack The Ripper, che tanto sono solo 37 pagine, giusto il momento a cavallo della mezzanotte, chè domani, all’alba, sarà già troppo tardi e fuori luogo.

E supponiamo – ci proveremo, poi vi daremo notizie – che “Keepsakes” 2011 letto al momento giusto, potrebbe dare risultati eccezionali.

Insomma, il pensiero allo specchio: rifletto sul mood, e POI scelgo il libro (una sorta di “cherrypicking” de no’ artri), perché DI SICURO, tra tutto quello che questo signore all’apparenza modesto s’è inventato, qualcosa di buono c’è.
Gli amici di Zazie mi sa che ci andrebbero a nozze e il lettore rischia, vedi sopra, la dipendenza.

Ma siì, ma siì (segue gesto vago con la mano destra, di polso, rotatorio da sotto in su, della serie go ahead, via, lascia correre, panta rei)… perché c’è il fascino della short story, quella cosa che vedi e non vedi, una finestra aperta su un mondo già cominciato, e che poi qualcun altro chiude così, all’improvviso, e per una volta – finalmente – ti senti trascinato via, in balìa dello scrittore che, con il lettore, fa quel che vuole lui. E’ l’arte del togliere al posto del mettere, caratteristica principe del racconto ben riuscito. 
Un so-ma-non-so e e non posso sapere, intuizioni di particolari minimi eppure pregnanti, descrizioni accennate ma vivide e significative, dialoghi serrati perché vincolati dall’economia della tipologia narrativa.

Perché delle volte è molto più semplice puntare al malloppone in tre volumi piuttosto che a un minimo sindacabile composto da 37 pagine fronte e retro, come a dire, eh, mo’ te voglio, a rifletterci sopra.