"La ragazza nella nebbia", di Donato Carrisi

“L’intera zona è bloccata. La nostra auto è di traverso, in mezzo al parcheggio. Intorno ci sono almeno quattro macchine della polizia, una jeep della vigilanza, un’ambulanza, addirittura un camion dei vigili del fuoco. La macchina ha i portelloni aperti e una portiera scassinata. Per terra, dappertutto, vetri rotti. La gente, i passanti, i curiosi cominciano ad accalcarsi sul marciapiede dalla parte dei negozi, e si trasformano in una sorta di barriera che rende più difficile avanzare.” (*)

La citazione qui sopra non appartiene a Carrisi: viene da un’opera di qualche tempo fa, che con “La ragazza nella nebbia” ha curiosamente molto in comune. Benché Carrisi e Agostini non possano essere paragonati tra loro – formazione, esperienze professionali, stili di scrittura e target di riferimento sono completamente diversi – è interessante che entrambi, ognuno dal proprio punto di vista, e non sono neppure gli unici in verità, abbiano deciso di occuparsi più o meno nello stesso periodo del coinvolgimento dei media nelle vicende di cronaca nera e giudiziaria.

Se Agostini, ne avevamo già parlato, preferisce affrontare questo tema così attuale attenendosi a una trama estremamente verosimile, tanto da lasciarci col dubbio di aver letto non una storia d’invenzione ma una testimonianza di un evento realmente accaduto, Carrisi come prevedibile tratta la materia in tutt’altro modo, proponendoci un thriller adrenalinico e imprevedibile, sostenuto da una struttura solida che aderisce strettamente a topoi più classici del genere cui l’opera appartiene. 

Le atmosfere de “La ragazza nella nebbia”, osservano gli estimatori di Carrisi, non hanno quel caratteristico timbro noir a cui lo scrittore ha abituato il suo pubblico; eppure l’ambientazione inusuale – un piccolo paese incuneato in una valle alpina buia, piena di freddo e di neve – crea nel lettore una suggestione particolare e, va detto, molto cinematografica, fitta di déjà-vu d’antologia tra cui spicca prima fra tutte la serie tv di culto Twin Peaks e, per tornare ai giorni nostri, il telefilm Les Revenants e i sei episodi che compongono la miniserie neozelandese Top of the Lake.

L’improvvisa sparizione dell’adolescente Anna Lou, una liceale timida, introversa e molto religiosa, scardina gli equilibri precari della comunità, già spaccata in due da un recente stravolgimento economico che ha decretato il successo di alcune famiglie e il tracollo di altre. A indagare sulla scomparsa viene inviato il commissario Vogel, un tempo figura di spicco delle forze dell’ordine, risolutore di casi impossibili, celebre opinionista nei talkshow in televisione ora alla ricerca di una personale e professionale redenzione dopo il clamoroso fallimento della sua ultima indagine. Vogel porta con sé non soltanto un metodo di indagine impetuoso, auto-concentrato e destabilizzante ma anche un circo mediatico che trasforma l’indagine in uno show televisivo affamato di scoop

Ecco allora il paese di Avechot diventare l’ennesimo luogo del delitto (sempre che di delitto si tratti) assediato da televisioni e cronisti, in una girandola continua di sospetti e piste false, rivelazioni e smentite, tra giornalisti assetati di notizie esclusive da vendere al telegiornale della sera e anchormen alla ricerca dell’inquadratura migliore per il servizio in esterna.

“La giustizia non era più un affare riservato ai tribunali, bensì apparteneva a tutti, senza distinzioni. E in questo nuovo modo di guardare le cose, l’informazione era una risorsa – l’informazione era oro.” (kindle pos.3229)

“La polizia chi sta proteggendo in questo momento? Chi sta servendo? Di certo non me. E di certo non mia moglie o i miei bambini. Allora chi? La gente che si ferma a guardare, i passanti? Sì, forse loro. Ma proteggere da che cosa, quale sarebbe il pericolo? Non trovo risposta.” (*)

Nel momento in cui – come testimonia Agostini – la fede nel tecnicismo si sostituisce all’utilizzo del buon senso, all’ascolto dell’imputato e a una minuziosa analisi super-partes delle prove, e nell’attimo in cui – come invece di dice Carrisi – la ricerca di un colpevole a tutti i costi prevarica su quella della verità, allora siamo di fronte alla spettacolarizzazione della giustizia e alla creazione del malvivente studiato a tavolino. Un tema molto attuale che ci spinge a riflettere da una parte sui recenti fatti di cronaca nera locale e dall’altra su quanto effettivamente sappiamo – e crediamo di comprendere – di quel mondo oltreoceano che spesso ci affascina così tanto.

Per tornare a “La ragazza nella nebbia”, non vi preoccupate: c’è dell’altro, perché, comunque, sempre di Carrisi stiamo parlando. 

Buona lettura

(*) “La fabbrica dei cattivi” di Diego Agostini, Giunti Editore, 2014 – cit. pag. 26 e pag.38