"Niceville", di Carsten Stroud

Più riguardo a Niceville Il 28 settembre 2011, poco meno di due settimane prima dell’annuale kermesse di Francoforte, tutti gli editori presenti all’evento culturale simbolo della “Mainhattan” europea ricevono via email il primo capitolo di un romanzo intitolato “Niceville”, a firma anonima. Il giorno successivo arriva il secondo capitolo, e poi il terzo.

Il passaparola dirompente – perché i tre capitoli sono davvero interessanti – produce una reazione a catena che fa del titolo una delle novità più contese dalle case editrici europee (ma non solo) e il successivo battage pubblicitario(compreso booktrailer e website dedicato) lo rende uno dei casi letterari più commercializzati dell’anno. Mistero anche sull’autore, che si rivela soltanto dopo più di un mese dall’exploit di Francoforte: Carsten Stroud, di natali tedeschi ma residente in Canada, già scrittore, sia da solo sia insieme alla moglie, di racconti e romanzi vincitori di diversi premi letterari.


Gli ingredienti per il successo – o per lo meno, per la creazione di un caso letterario – ci sono tutti, e tutti compresi in quei primi tre capitoli che l’autore aveva circolato con incontestabile abilità e un pizzico di furbizia.

Ci troviamo (pare) di fronte ad un thriller di stampo moderatamente classico. 
Siamo a Niceville (Nic-EVIL-le), tranquilla cittadina del profondo sud degli Stati Uniti. Prati verdi e curati, edifici in stile, antiche famiglie fondatrici (nota a margine, pare in voga ultimamente l’ambientazione urbana circoscritta, una sorta di “camera chiusa” socialmente allargata dentro cui nulla è così come appare). Il detective Nick Kavanaugh, ex militare dell’esercito, coadiuvato da una squadra ben fornita – e ben dettagliata – di colleghi e subalterni indaga sulla sparizione di un ragazzino di dieci anni, Rainey Teague, misteriosamente “svanito” a metà del tragitto tra casa e scuola.

Peccato che le telecamere di sicurezza di un negozio di anticaglie presso la cui vetrina si era intrattenuto alcuni secondi mostrino delle sequenze inquietanti che poco hanno a che fare con un rapimento “da protocollo”. Peggio ancora quando il bambino viene ritrovato dopo alcuni giorni nel cimitero cittadino, vivo ma in stato di shock, sepolto dentro una cripta che appare incongruamente sigillata da decenni.

Un anno dopo, il detective viene chiamato ad indagare su altre due sparizioni che presentano tratti inquietanti perché comuni al caso Teague.

Nel frattempo, due poliziotti corrotti si organizzano per rapinare la filiale di una nota banca nazionale, per un bottino di oltre due milioni di dollari e quattro omicidi a carico. Intanto, dall’altra parte della città il tale Tony Block, marito violento e misogino, appena condannato per stalking nei confronti di moglie e figlia, si appresta a compiere la propria, personale vendetta “against the world”.

Tutti avvenimenti soltanto a prima vista scollegati l’uno dall’altro.


CStroud osa quel che pochi hanno tentato – e ancora meno sono gli autori riusciti a colpire nel segno (uno su tutti, SKing) – : ossia mescolare il genere del thriller (sottogenere: poliziesco) con quello dell’horror (sottogenere: ghost story).

Ne risulta un ibrido fortemente instabile, piegato com’è a metà strada tra una risoluzione della trama che passa attraverso la spiegazione logica del reale e la morale comune (nel caso del sottogenere poliziesco impersonata dai tutori della legge e forte di una struttura consecutivamente chiara e riconosciuta), e tra, al contrario, una mescolanza di avvenimenti paranormali che hanno come obiettivo proprio il disallineamento della struttura narrativa di partenza e l’accettazione di ben determinati codici propri della narrativa fantastica.

I puristi di entrambi i generi potrebbero storcere il naso – e l’hanno fatto, visti i giudizi sul web, specie quelli italiani (che sono stati i primi, visto che Longanesi si era aggiudicata per prima i diritti di pubblicazione). Eppure è innegabile l’estrema funzionalità del testo: lineare ed equilibrato, riesce a mantenere sempre alta la tensione senza sacrificare le parti descrittive, strizzando naturalmente più di un occhio alla cinematografia, in puro stile USA. 
Non ultimo il fatto che in certi punti CStroud stupisce per l’acuto senso ironico (la scena del padre ubriaco che sistema in mano al figlio un tosaerba, vista con gli occhi di uno dei protagonisti, è magistrale) e per la profonda (pare) conoscenza di autori e opere, sia letterarie sia cinematografiche, di spy-thriller.

Chiaramente il testo va affrontato senza pretesa di immedesimazione: siamo di fronte a un divertissement estivo, per altro neppure così leggero, data la quantità di rimandi interni e personaggi (nota a margine: munitevi di un taccuino o inviate una email alla casa editrice con preghiera di un summary a inizio testo) cui dovrete prestare la massima attenzione. Eh sì, perché non ve la caverete così, sforzandovi di arrivare alla fine (e ci arriverete, non riuscirete comunque a mollare prima): perché, what a surprise, non stiamo parlando di un romanzo autoconclusivo, ma di una trilogia: il secondo volume, “The Homecoming”, è già pronto, e il terzo, “The Departure”, in lavorazione.


D’altra parte, chi ci provò a fare il mischione cinematografico, con gran successo, fu Chris Carter, “già” nel 1993. Che dire poi del duo David Linch / Mark Frost? Il tormentone, se ve lo ricordate, è datato 1990.

Buona lettura 🙂