Lungi dall’essere considerate vicende reali, Iliade e Odissea venivano ascoltate, in parte, per il puro piacere della narrazione (di una potenza enorme, ipnotica, grazie all’uso dell’esametro: una metrica dotata di una purezza stilistica estrema che dava alla narrazione quel ritmo lungo del respiro che ben si adattava alla recitazione, alla riflessione e alla meditazione, ma che, proprio per questa intima circolarità, offriva la possibilità di un distacco totale dall’analisi della forma a favore di una fruizione totale su contenuto), ma anche – si diceva – quale testo didattico e di riflessione morale.
Le divinità dei poemi omerici non sempre corrispondono alla nostra idea di Entità Soprannaturale: accanto a figure mitologiche di grande spessore morale, troviamo anche creature capricciose e vendicative, abituate ad ottenere tutto il richiesto senza porsi troppi problemi in fatto di etica e giustizia.
Allo stesso modo, non tutti i protagonisti (comprimari e non) dei poemi omerici sono cavalieri senza macchia e senza paura: ci si imbatte in animi malvagi, personaggi ambigui e bugiardi, assassini e mentitori di professione. E anche gli eroi veri e propri sono Uomini a tutto tondo, che sbagliano, soffrono, maturano e attraverso questo percorso di vita creano la propria strada e influenzano quella degli altri.
La vita di Elena, così lineare, pura, semplice, ordinata, viene scomposta dal sentimento allo stesso modo in cui il vento sfiora il vaso del geranio sul balcone. Napoli, con la sua bellezza sanguigna, scompone e sconvolge la percezione che il Direttore Generale ha di se stesso e del mondo che lo circonda.
Qui, su ADC, siamo particolarmente affezionati a Elena e al suo mondo di quotidianità perduta. Forse ci accomuna a lei il senso forte per la terra, per la Casa e per l’amicizia. Aspettiamo di leggerne le sorti, di questa storia d’amore sottile e leggera, eppure così greve.
Credo che la permanenza all’estero abbia donato a B Agostini quella cura tutta particolare per la lingua italiana che abbiamo ritrovato anche – e forse soltanto – in altri italiani “espatriati”. Rigore stilistico, attenzione per la sintassi, un vocabolario particolarmente curato che in alcuni casi rievoca un’attenzione al dettaglio proprio di una letteratura di un tempo forse ormai passato, che ancora non risentiva di globalizzazione, tecnologia e prestiti linguistici.
In linguistica (Berruto, per la precisione, 1993a), il repertorio italo-romanzo si definisce come un bilinguismo endogeno a bassa distanza strutturale, e – per non farci mancar nulla – dilalico. Va bene, proviamo a chiarire il punto. Bilinguismo endogeno perché l’italiano è una lingua che, come oramai poche altre, conserva ancora una dualità visibile e concreta (due sistemi linguistici), quella tra lingua e dialetto (ovvero, a bassa distanza strutturale, più bassa di quella presente in sistemi bilingui classici) – lingua e dialetto che il 90% degli italiani utilizza in maniera compenetrata, ovvero con dilalìa.
Qui, la presenza del dialetto, di alcune forme meno nobili della lingua, di una sintassi che risente spesso, consapevolmente, di varietà regionali, sono indice di una pluralità e di un ricchezza di espressione che pochi sistemi linguistici oggi possono ancora vantare e di cui dobbiamo andare fieri.
Che dire, Dottor Agostini. La attendiamo con ansia. Vogliamo sapere tutto: cosa ne sarà del nostro Direttore Generale, di Elena e di tutti coloro che hanno partecipato al loro destino. Vogliamo leggere della sua Napoli, che tanto assomiglia alla Bari dell’Avvocato Guerrieri. Curioso, entrambe città del sud Italia, così belle, così forti e vive.