Maino on the road

Ovvero appunti a margine, nel mentre. Vengono dalle email, giri di oggetti su questa lettura condivisa – ma in realtà sono io: alzo la mano, chiedo l’aiuto da remoto©, come al solito quando su certe pagine ho bisogno di sistemare i pensieri.

“Piccola digressione, a beneficio del lettore, su cosa valga di più: lo scrittore ovvero il suo destino? L’ordito dei suoi libri o la trama della sua vita? Saper scrivere o saper vivere? Tra le tante vaccate espresse prima del ricovero, Ferrari ha potuto confermare come lui, il Della Marca, ultimamente andasse dicendo in giro d’essere scrittore30.”

30 Essere scrittore importa immediata dignità, essere avvocato conduce a sicuro stigma: una delle massime teorizzate da Alfonso Della Marca.

Narratore: nei tarocchi il matto è la carta zero, quella che spariglia le questioni: si è infilata lì e nessuno sa perché. Tant’è che è fuori dal conteggio: non appartiene al mazzo tradizionale ma nemmeno ai trionfi, ecco perché lo zero. È la carta di colui che cerca. Dice: nella nostra vita è entrata una persona un po’ ingenua ma di intuito, che può portare saggezza agli altri; oppure siamo noi, qui a scalpitare per affrontare nuove attività artistiche, qualcosa di spirituale. (A me piace guardarla come la carta del rischio, perché se si affrontano cose nuove non è detto che vada tutto bene. Sicché prende dentro, di taglio, anche la possibilità del rimorso o del rimpianto). Se a testa in giù: stiamo facendo cavolate. Come lo vede Maino il narratore, questo sistema di far dire la verità alla persona meno credibile – ndr: espediente noto, regala al matto quell’aria da saggio-svagato che tanto ha inciso sulla rappresentazione della malattia mentale. Un tranello in cui Maino non cade – “screziature psicologiche” / “Cioè secondo le valutazioni delle stimate Michela Mair di Bressanone e Barbara Bolzan di Fortelibero, una licenza media in due, più master in Sugodramma e Psicominzione all’Università di Cazzano Scuirto”.

Trama: per ora questa mi interessa, non il virtuosismo toponomastico – non è vero, che la trama non c’è o è secondaria. Ci interessa capire se il mito divora sul serio, se possiamo ritrovare nella giudice Toffoletto (che accetta di sacrificare la propria vita per salvaguardare quella del marito) il dramma di Alcesti. Ad esempio, nella questione dei pretendenti, quel mi era possibile prendere in sposo uno di loro – dei Tessali uno qualsiasi and-the-pro-mi-sestheyhold – e [avrei potuto avere pure] una casa in cui vivere (ναιω è proprio abitare, io lo vedo spesso come uno starci dentro), e vivere come tiranna, alla guisa di regina nera di vedovanza, potere e spregio, nell’intraducibile luogo protostorico del greco che sta fra la sovrana illuminata e il buio del dispotismo più cupo. E infine sui figli: lascia che restino, riconoscili padroni delle mie (εμων) stanze (lei intende: che saranno mie per sempre, anche dopo la morte, come una specie di spirito sempre presente – cioè gliele indica proprio – sono le mie, indica sia la casa dietro di lei sia se stessa – la vedi?). Insomma, c’è in Maino questo sovrapporsi di strutture logiche di significato? Per me sì, ma alla rovescia, e sta qui il punto, il rovesciare.

“Odiava il suo appartamento in villa, la megalomane Idea-Attico per talpe di nobiltà provvisoria, pacchianamente borghesizzato nonostante il tentativo tentennante d’apparire riservato e riparato.”

Personaggi: noi spettatori di Un giorno in pretura, (pure il linguaggio lo racconta), Maino preciso ci aspetta sulla riva del fiume. Dice: resto in attesa e guardo chi mi passa davanti. Gli salta all’occhio il negativo, ché punta all’effetto commedia (l’Alcesti è dramma satiresco o non si sa cosa alla fine, di certo non tragedia), tira all’eccesso ma vuole altro ecco perché si preoccupa di fermarsi lì sempre proprio al bordo di quel particolare che non scende mai nella caratterizzazione da commedia dell’arte: instillare il dubbio della colpevolezza, della Legge che tutto vede, bilancia alle spalle. Al lettore sale l’ansia dell’autoanalisi: non c’è scampo per lo sfigato che a Maino capita davanti. E se fossi io, il prossimo? Sicché cominciamo a guardarci le spalle, sempre paura che un Maino faccia capolino da dietro l’angolo. Non c’è scampo ma non c’è giudizio – quello spetterà ad altri – perché alla fine spiace, dice Maino, ma sei così, io mi limito a raccontare, questi i fatti, giudice – che ci posso fare. Qua sta il punto, nei Morticani (ndr: le tombe dei poveri guardate dalle bestie di casa, scarne e impidocchiate, in mancanza di sguatteri), cosa ha spinto il lavoro estremo sul testo: l’idea che se la critica a certo modo deve farsi feroce, ecco deve essere spiegata perfetta, perché altrimenti i lettori s’appenderanno alle sbavature, idrofobi, alla ricerca del capro espiatorio.

“Sarà anche il caso di fare alcune considerazioni politiche o di politica criminale sulla veniente circostanza: veda, dottore, mentre l’attentato all’integrità dell’Impero Chiavinmano, ad esempio, disistimare le qualità universali della Patata DOP dei Territori della Virile Valle della Piaga, fiume che ha reso dominanti le Tre Venessie del Mondo, veniva sanzionato con il carcere a vita, l’assassinio premeditato del vicino o della sgualdrina di cuoi carruggio, veniva depenalizzato in pinzillacchera, (…)”

[To be continued]

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