Mescolando la freschezza dei trent’anni e il rigore tipico del reporter d’oltralpe, Raphaelle Choel e Julie Rovéro-Carrez ci raccontano al di là del preconcetto e dello stereotipo un mondo femminile affascinante, contraddittorio e per lo più sconosciuto. Lontane da ogni intento didascalico o moraleggiante, si accostano alla femminilità nipponica (edochiana, per la precisione) desiderose di un confronto alla pari nel quale entrambi i soggetti – intervistatrice e intervistata – avranno modo di apprendere, sperimentare e far propria una cultura differente da quella di origine e, perché no, smussare le asperità personali.
A scardinare il proverbiale riserbonipponico ci pensano la spontaneità e la chiarezza di intenti delle due giornaliste che rapportandosi in maniera fortemente empatica con le proprie interlocutrici ricevono in cambio confidenze autentiche e schiette sugli aspetti più intimi della femminilità nipponica. Dalla vita di coppia pre e post-matrimonio, alle difficoltà nel coniugare il ruolo di donna (spesso in possesso di un’ottima istruzione universitaria), moglie e madre all’interno di una società che non fa certo delle pari opportunità un punto a favore, il filo rosso che lega le decine di testimonianze è una sostanziale ricchezza di spirito declinata tutta al femminile, sostenuta da una profonda spiritualità che tuttavia ogni giorno si confronta (e si scontra) con l’iperstimolazione sensoriale offerta dai nuovi media e soprattutto dall’occidentalizzazione di massa a cui il paese è ormai sottoposto.
Così l’edochiana media che per tradizione, fino a un ventennio fa, si era dedicata alla propria carriera limitandola agli anni pre-matrimoniali o comunque non oltre la nascita del primo figlio, ora si rivolge al mondo del lavoro con il desiderio di sviluppare le proprie caratteristiche professionali ben oltre il classico ruolo di office-lady cui era stata costretta per anni. Fioriscono così le managers laureate all’estero con il massimo dei voti e poi rientrate in patria decise a conquistare posizioni di vertice all’interno di companies di rilevanza internazionale; determinate a organizzare al meglio anche la propria vita privata senza rinunciare né al tempo libero, né alla famiglia, né ai figli, rivendicano quelle pari opportunità che hanno imparato ad apprezzare grazie alle esperienze estere, dall’abolizione dei famigerati “soffitti di cristallo” alla creazione di asili nido aziendali fino all’organizzazione di turni di lavoro che permettano un’adeguata working-life balance.
Di contro, l’occidentalizzazione dei costumi ha definitivamente relegato il kimono in soffitta, limitando a quei pochi giorni di festa concessi ogni anno (la golden week primaverile, più qualche altra giornata sparsa qui e lì) non solo l’utilizzo degli abiti tradizionali ma anche la visita ai luoghi simbolo della spiritualità nipponica e la celebrazione di rituali antichi e di indubbio significato storico e antropologico (come per esempio la cerimonia del tè, sempre meno conosciuta nei dettagli e di conseguenza sempre meno praticata nella sua interezza). Al posto dell’indumento principe dell’edochiana doc (che fino a qualche decennio fa ancora si declinava in varie fogge e misure a seconda della stagione e dell’occasione d’uso) stanno le maison dell’abbigliamento di lusso, di cui la popolazione femminile nipponica è divenuta ghiotta: Vuitton, Gucci, Prada hanno eletto Tokyo a dimora permanente e il Giappone è uno dei Paesi al mondo leader… nel consumo di cosmetici. Parimenti, il junk-food all’occidentale, consumato per strada, va ormai di pari passo con il classico bento, equilibratissimo mix di carboidrati, proteine e vitamine, ogni mattina composto amorevolmente della mamma e affidato alle mani di figli e mariti che lo consumeranno all’asilo, a scuola o in ufficio. Per non parlare del matrimonio, rimandato fino al termine ultimo concesso (30anni) perché rimpiazzato da una serie pressoché infinita di anni spensierati ma poi spasmodicamente ricercato e infine celebrato nella maniera più tradizionale possibile – e non manca neppure chi si rivolge ancora al sensale per trovare moglie, o marito.
Il merito di Choel e Rovéro-Carrez sta proprio qui: nell’aver mostrato e reso evidente attraverso questo preciso reportage (che per altro non sfigurerebbe neppure tra le guide turistiche, tanto sono precisi i riferimenti ai luoghi di interesse, dai ristoranti più raffinati alle piazze in cui si radunano comunemente i partecipanti ad un certo tipo di cosplay fino alle più ricercate stazioni termali raggiungibili in un’ora di treno da Tokyo) la vera sfida che il Giappone di oggi deve affrontare: il mantenimento e la conservazione della propria, peculiare individualità a fronte di un’occidentalizzazione ormai marcata e inevitabile che se da una parte possiede il valore di un rinnovamento – nei costumi, nella cultura e nella produttività – assolutamente necessario, dall’altro rischia di incenerire in uno sol colpo tradizioni e spiritualità millenarie. Alle donne – alla loro intraprendenza – è affidata questa delicatissima missione.
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— Appunti di carta (@appuntidicarta) 21 Giugno 2014
Buona lettura 🙂