Un poeta in prestito alla narrativa, questo Shane Jones, per una fiaba preziosa, di quelle che si raccontano ai bambini nelle notti di febbre, mentre il sonno va e viene e sotto le coperte fa sempre o troppo caldo o troppo freddo.
Una fiaba di mostri e creature fantastiche dalla faccia di uccello e ali di mantelli neri, spettri e fantasmi e spiriti maligni.
Poesia sussurrata da bisbigli infantili, piccoli oggetti di ogni giorno, di quelli che si trovano, spaiati come vecchi calzini, sparsi in giro per casa da manine minuscole e appiccicose e dimenticati per mesi sotto divani di stoffa e dietro ad armadi di legno pesante: matite smangiucchiate, fogli di carta azzurra ripiegati e sdruciti, monete, bottoni, disegni appena abbozzati, briciole di pane. E poi gli odori: miele e zucchero, menta e sapone, erba e sole sulle guance dopo un pomeriggio nel prato, riccioli di capelli umidi di sudore.
Funziona così, “Io sono Febbraio”. La poesia del quotidiano, quel tanto che basta a rendere la magia delle ore che passano senza appesantirla di inutili ed eccessivi rimandi a finezze di vita che non competono alla maggior parte di noi, e di cui non ci sentiremmo parte.
Così, la tisana depurativa diventa solo foglie di menta, l’ecomoda a impatto zero è soltanto, alla fine, prato e legna, e case piccole e speciali, e movimenti lenti e maglioni di lana uno sopra l’altro per combattere il freddo dell’inverno.
Una saggezza di nonni, parole mandate a memoria nel corso degli anni, passate ai nipoti da vecchi zii e bisnonne incanutite, scritte a matita sulla carta del pane e poi infilate, ripiegate in più parti, nella tasca della giacca di lana pesante: vitamina C, bagno caldo, idratare il corpo.
E poi il cibo per la mente, in un caleidoscopio di introspezione, cura di sè (“nutrire il proprio giardino interiore”, fare yoga e meditazione, trasformare le paure in desideri) e della propria famiglia – i giochi con i figli per esempio – vedi gli aquiloni dipinti sulle braccia di Bianca, da sua madre – quasi rituali apotropaici, celebrati nell’intimità del nucleo familiare, contro la tristezza e la sfortuna.
L’inverno come lo intendevano i nostri nonni, fatto di casa, caldo perché altrimenti ti ammali, riflessione e attesa per l’estate che verrà, contro la negazione più assoluta e radicale di tutto ciò che sia omologato e disgiunto da qualsiasi rapporto con la Natura e il nostro essere di Uomini, in continuo mutamento ed evoluzione.
Nota alla lettura:
Noi questo “Io sono Febbraio” l’abbiamo letto in ebook (le segnaleremo sempre, le verisoni eReader, con una tag apposita). Astrattezza della forma e della pagina, concentrazione massima sulla parola e sul contenuto. Questo ci piace dell’ebook. Per una volta, abbiamo dovuto cercarcele da soli le associazioni, chiudendo gli occhi e assaporando la parola (e in questo, non c’è che dire – vedi la voce “scelta inconsapevole” – ci ha aiutato l’intrinseca poetica del testo), lontani dalla foto di copertina, dallo spessore della carta, dalle pagine da piegare e fissare e sostenere. L’ebook è lettura astratta e rimandi nuovi che esulano dai sensi che conosciamo di più. E occorre, qui, aggiungerci anche la questione colonna sonora.
Ciao, bella recensione davvero, ancora di più perché realizzata su un ebook. Ti segnalo solo che il libro è disponibile su Anobii, ma il motore di ricerca interno del sito non sempre lo trova: http://www.anobii.com/books/Io_sono_febbraio/9788876382130/019229deaed594463e/
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Grazie Isbn!
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