Ci eravamo interessati a questo Evelin Waught grazie ad un articolo a firma Maurizio Porro apparso mesi fa sul CorSera, contemporaneo all’uscita del film (“Lui ama lui, passione impossibile”). Chiediamo fin d’ora perdono agli amici lettori e soprattutto all’autore dell’articolo, perché, nella nostra furia maniacale da collezionisti autodidatti, abbiamo scandalosamente dimenticato di appuntarci data e pagina da cui abbiamo estrapolato la nostra nota. Si dà il benvenuto a chi voglia darci una mano nel recupero di dati certi.
Il film, noi, non lo abbiamo visto e quindi non possiamo esprimere giudizio. Da quanto però ci era parso di aver capito (anche qui, i lettori ci confutino se occorre, saremo ben lieti di rettificare la nostra visione parziale) la pellicola in questione offriva una visuale incentrata più sul rapporto ipotetical-omossesuale tra i due giovani ragazzi protagonisti della prima parte del libro, Charles e Sebastian, e sulla relazione amorosa intessuta successivamente (terza parte) tra Charles e Julia, sorella di Sebastan, piuttosto che interessarsi allo spaccato sociale dell’epoca e alle vicissitudini dei comprimari.
Effettivamente però, la parte che a noi ha interessato particolarmente sono stati proprio gli interni giorno, ovverosia tutto quel mondo d’Oltremanica descritto dall’autore in maniera così puntuale, attenta, verosimile. Ed emozionante.
Abbiamo trovato la tematica omosessuale della prima parte del volume sinceramente soltanto accennata. Charles è semplicemente un ragazzo, giovanissimo (19 anni), che appartiene alla sua epoca: estrazione borghese e cultura elevata, un’identità personale e un futuro ancora da scoprire; pochi rapporti con la famiglia, filtrati, come da consuetudine, dalla pesante coltre dei formalismi, delle regole sociali e da quelle educative proprie del periodo storico.
Sebastian, altrettanto giovane, è invece un adolescente inquieto e tormentato: di estrazione più elevata rispetto a Charles, è vittima di una situazione familiare che noi oggi, malgrado i cambiamenti sociali intervenuti nel corso di quasi un secolo, non esiteremmo a definire “problematica”.
Per inciso, è anche (FORSE) omosessuale.
Il cocktail, che poi si rivela essere la tematica di più rilevante importanza sottesa al romanzo, tra pulsioni giovanili (anche omosessuali, ma non solo, si veda la passione tra Charles e Julia), regole sociali e soprattutto religione cattolica, sarà fatale per l’esito del romanzo.
Ora, a livello di stile, c’è da inchinarsi di fronte al dono di Waught, quello della prolissità (!) della descrizione. L’incredibile esercizio di stile, la fatica dell’aggettivazione puntuale, la cura per la descrizione non soltanto dei personaggi, ma anche del paesaggio e dell’architettura fanno del romanzo uno spaccato veramente esaustivo dell’epoca.
Oltre che, per altro, evidenziare, con il gusto tipicamente anglosassone per la citazione e il confronto letterario, la nostra poca dimestichezza di “lettori medi” con la letteratura, il cinema e il teatro dell’epoca, che varrebbe la pena approfondire (si raccomanda l’utilizzo massiccio di Wikipedia durante la lettura per verificare accenni letterari, autori, opere letterarie).
Niente potrebbe scostarsi maggiormente dalla sintesi (lessicale e contenutistica) a dir poco compulsiva dell’Irene Nemirowskj. Quel che stupisce è la destinazione ultima (l’identificazione e la descrizione di una ben specifica realtà sociale – per altro in declino), pari e raggiunta con successo da entrambi gli autori seppur seguendo vie completamente diverse.
In alcuni punti, soprattutto per quanto riguarda la seconda parte, ci è parso di ritornar con la memoria a “The sheltering sky” (“Il tè nel deserto”, di Paul Bowles, Feltrinelli, 2006), che sinceramente abbiamo sempre ritenuto una delle opere di fantasia più emozionanti e intense relative ai “Grand Tour” del Maghreb.