Notizie da bordo piscina/1. Dalla casalinga disperata alla tradwife: storia di un fenomeno (parte uno)

Con questo articolo si dà il via a una piccola rubrica di pezzi semiseri ad argomento vario: approfondimenti su notizie che ho letto su internet, annotazioni recuperate da articoli di giornale o da programmi radio. Io le chiamo: le cose che non sono libri ma che mi possono servire per capire i libri – e quello che sta dietro, e dentro.

Foto di Chloe Skinner su Unsplash

Retroscena

Alcuni mesi fa, mentre cercavo la ricetta della “cheeseburger soup” – quindi sì, posso dire che di fatto è tutta colpa mia – l’algoritmo di Instagram mi offrì, tra un video e l’altro di pentole a cottura lenta, il reel appena pubblicato da una giovane donna del Missouri.

(Nota per gli interessati: le pentole per la cottura lenta di preparati tradizionali quali appunto la cheesburger soup si chiamano Crock Pot: medesima questione per cui noi ai bastoncini per la pulizia delle orecchie ci riferiremo sempre col nome di Cotton Fioc indipendentemente dalla marca acquistata).

Attraverso un’estetica dichiaratamente vintage, pulita e priva di ridondanze, con un’accuratezza professionale sui seppia ma senza darci dentro troppo nei filtri, questa ventiduenne acqua e sapone – che si auto-definisce “retired” dal mondo del lavoro (ndr: era fotografa matrimonialista, ecco il perché della competenza tecnica e lo so: dirsi “pensionata” a 22 anni suona bizzarro; ci arriveremo) – da circa un anno si impegna nella cronaca della sua nuova quotidianità tramite i canali social Instagram e Youtube.

Insomma, senza rendermene conto mi ero appena imbattuta – maledette furono le pentole – nella mia prima “Tradwife” e “Homesteaderinfluencer (così self-identified in bio).

Foto di Elisa Calvet B. su Unsplash

La tana del Bianconiglio

Scorrendo il feed, francamente attrattivo (66mila follower), scopro che la signora di cui sopra è sposata da poco e si dice molto innamorata del marito; la coppia vive in una piccola abitazione rurale nella Phelps County (44mila abitanti per circa 1700kmq); i due sono di fede cristiana e per il momento non hanno figli anche se il progetto è di allargare la famiglia.

(Nota per gli interessati: la contea di Phelps, situata nella parte centrale del Missouri, è terra di coloni europei dai primi dell’800. Cittadina di riferimento è Rolla, teatro di alcune battaglie importanti durante la Guerra Civile. L’economia si basa su agricoltura intensiva e allevamento ma il posizionamento industriale – automobili e macchinari – è ampio e variegato. La contea fa parte della cosiddetta “Bible belt” a maggioranza protestante anche se il cattolicesimo è ben rappresentato, secondo diverse confessioni. Racial composition: 85% bianchi, 2.8 latinos, 2.3 black/african. A maggioranza repubblicana, ça va sans dire.)

Le attività giornaliere in cui la donna si impiega mentre il marito è al lavoro riguardano per la maggior parte la gestione della casa e del coniuge: sveglia alle 6, preghiera e studio della Bibbia, toilette, preparazione della colazione e della pietanziera per il marito e poi rassetto delle camere, lavatrice, stenditura, cura degli animali (oche e galline) e del piccolo orto, spesa e dispensa con auto-produzione alimentare inclusa (pane e prodotti di pasticceria, conserve, burro).

Vengo a sapere inoltre che in casa non è presente la televisione. Nel tempo libero la donna si dedica alla lettura: l’attualità pare esclusa, conclamata invece la predilezione per narrativa di impronta vittoriana e il romancenot spicy” (ovvero privo di scene di sesso esplicito), saggistica e compendi teologici.

(Nota per gli interessati: esistono termini specifici per indicare la narrativa romance contemporanea scevra da contenuti sessuali espliciti. Su Goodreads possiamo trovare, per esempio, elenchi di varie reading suggestions per letture “non steamy” (letteralmente: “senza vapore”!) o “no spicy” (come si intuisce: “non piccante”) e, ancora, “no smut” (prive di… “fuliggine”, sostantivo che in senso astratto assume il significato di “oscenità”).

A dormire si va rigorosamente non oltre le 21, dopo aver passato la serata in attività di “sewing” (ricamare, rammendare e cucire vestiti, riadattando alla propria misura quelli comperati nei negozi dell’usato). La giovane donna non segue particolari dress code, tiene a precisare – ogni tanto posta scatti in jeans o abiti di foggia contemporanea -, ma per gusto personale preferisce gonne ampie e lunghe, aprons (grembiuli), cardigan e camicette, fiocchi e intrecci ai capelli. Si definisce “nata nel tempo sbagliato”. Appassionata di pottery, frequenta con curiosità mercatini e vendite di beneficienza, da cui recupera piccoli pezzi spesso dipinti con rappresentazioni di anatroccoli e papere; è attrice dilettante per i musical messi in scena dalla comunità parrocchiale.

(Nota per gli interessati: nel linguaggio della Tradwives subculture uno degli aggettivi più utilizzati a proposito del vestiario è thrifty, ovvero “economico” nel senso di “parsimonioso, frugale”, che obbedisce anche, se possibile, ai dettami della sustainability ambientale).

Da qui a seguire almeno un’altra ventina di profili simili costruendomi, va detto, una certa addiction, è stata questione di pochi click.

Il fenomeno: definizione

In linea generale, quando parliamo diHomemakers ci riferiamo a donne bianche nella fascia d’età 30-40 che hanno abbandonato lavoro o carriera dopo un numero variabile di anni di servizio per dedicarsi a tempo pieno a casa e famiglia oppure a giovanissime ventenni che a lavorare non hanno nemmeno cominciato, piccole occupazioni estive a parte, e che intendono percorrere la strada dell’homesteading (“metter su famiglia”).

Parafrasando Wikipedia, possiamo definire il fenomeno tradwives come un “neologismo per traditional wife o traditional housewife che nella cultura occidentale contemporanea indica in maniera specifica una donna che fa propri e mette in pratica i tradizionali ruoli di genere, anche all’interno della relazione matrimoniale”. Questo movimento possiede tratti distintivi e comuni ma rivela anche declinazioni diverse, sia per contenuto sia per target di riferimento.

Il fenomeno: caratteristiche web

Per la maggioranza delle tradwives la formula preferenziale di comunicazione social breve è il reel, accompagnato da linee di testo sovraimpresso e sottofondi musicali rural folk piano o stage and screen: video brevi e accattivanti, insomma, costruiti al fine di dare testimonianza di uno o più aspetti di ciò che queste influencer interpretano come parte integrante della propria nuova vita di casalinga tradizionale. Eventualmente segue in calce una caption (didascalia) esplicativa, non obbligatoria – perché queste tradwives non è che abbiano così tanto tempo da spendere (si legga “perdere”) sui social.

La community di riferimento è composta da donne che già condividono la tradwives subculture e – chi più chi meno – ne mettono in atto le linee guida (il punto è quindi offrire “tips and tricks” per la corretta cura di casa/marito/figli/finanze/alimentazione e per darsi man forte dell’affrontare il senso di isolamento e di stigma sociale che può derivare da una quotidianità all’apparenza solitaria e poco stimolante), o che desiderano avvicinarsi a questo stile di vita (si parla allora di “empowering women to take back their roles”).

Argomenti

A una prima osservazione, sembra possibile raggruppare questi micro-filmati in base ad alcune linee tematiche:

  1. Economia e finanza: accento sulla tematica dell’one-income, ossia sul fatto che la famiglia si trovi a contare su un’unica fonte di reddito (ndr: l’occupazione professionale del marito)
  2. Società: rivendicazione dei ruoli di genere e della dimensione di famiglia tradizionale all’interno della quale il marito si reca quotidianamente al lavoro mentre la moglie si occupa della casa e dei figli
  3. Valori morali e dimensione religiosa: viene dichiarata apertamente l’appartenenza a un credo, solitamente cristiano (differenti poi le confessioni), a cui segue la necessità di attenersi a determinati principi morali; a questi principi deve corrispondere uno stile di vita consono, anche in relazione alla comunità parrocchiale di riferimento, che spesso viene riassunto con il termine modesty (per grandi linee traducibile con “sobrietà”).

Da queste macroaree discendono altri sotto-argomenti, che approfondiremo in seguito.

Spoiler: uno dei temi che provocano maggiore engagement e momenti triggering fra le accanite commentatrici è l’argomento sociale, che come si può facilmente intendere porta con sé la riflessione sulle tematiche femministe e dell’autodeterminazione della donna, dal rifiuto del modello “bossy girl” a quello, spinosissimo, della “submission” – ossia della sottomissione della donna al marito. “Feminine, not feminist”, recita la bio di una delle maggiori – e criticate – tradwife IG influencer.

Foto di Fleur su Unsplash

Benvenuti, insomma, nel fantastico mondo delle tradwives!

Un movimento anglosassone non nuovissimo ma in forte ascesa (dal post-Covid, e non è un caso), di donne – single, fidanzate, sposate, madri, età varia (false: il range non è così lasco), ceto sociale ampio (anche qui c’è da rifletterci) ed etnia ininfluente (idem come sopra) – che promuovono uno stile di vita quotidiano legato in maniera “ultra-tradizionale” ai ruoli di genere.

Cosa potrà mai andare storto? Probabilmente tutto. Attenzione però a non derubricare questo fenomeno all’ennesima fissa ossessivo-escapista di una specifica parte di mondo occidentale, bianca e privilegiata o, ancora peggio, all’esito di certa cultura patriarcale, di maschilismo interiorizzato.

Cosa sottende questo movimento, cosa ci racconta dell’ansia sociale che pervade da sempre, sebbene declinata in modi differenti a seconda del contesto storico, la parte femminile dell’umanità tutta? Perché la tradwives subculture è stato avvicinata, in specie per quanto riguarda gli Stati Uniti, agli ambienti dell’ultradestra trumpiana? E infine: c’è chi ne sta parlando, in letteratura – e se no, perché?

In questo momento, su IG sono presenti 62.5mila post con hashtag #tradwife, 17.8mila per #traditionalwife e 731mila con tag #homemaker.

Grazie per essere arrivati fino a qui. Nella prossima puntata (sentitevi liberi di commentare con un sereno “gentilissima, ma anche no”) approfondiremo a grandi linee i tre punti a tema: dalla gestione delle finanze domestiche, strettamente legata al principio della “submission” fino all’aspetto religioso, passando per …il fare l’orto e il consumo di alimenti “organics”.

Trovate qui e qui i link alla seconda e alla terza parte dell’approfondimento.

NB: bibliografia su richiesta; se interessati, scrivete al solito appuntidicarta@gmail.com

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