
Insomma qui siamo giunte. Sempre noi tre – più una. E’ stato un mese complicato perché si sa, non è questione facile riuscire a leggere per piacere quando i libri si leggono anche per mestiere. Eppure ce l’abbiamo fatta e ne siamo molto orgogliose – anche perché in un paio di occasioni lavorative ed extra abbiamo navigato in acque agitate, chi per un motivo, chi per un altro. Ma ci siamo riuscite.
E quindi ecco cosa ho imparato da questo secondo volume dei Cazalet, in rigoroso ordine sparso.
Ho imparato che prendere troppe aspirine non è elegante e la Duchessa disapprova. Che l’amicizia ha una potenza enorme nel legare le donne, una forza spaventosa e dovremmo sfruttarla di più – tutte quante. Che mi piacerebbe ricevere in regalo uno scrittoio di legno pregiato con dei cassetti segreti dentro cui trovare buste vecchissime scritte in una lingua incomprensibile. Che in un’altra vita avrei sicuramente fatto l’attrice. Che se una sera ti ritrovi a un tavolo con quell’uomo lì, quello che ti fa battere il cuore, l’alternativa è tra restare seduti e non riuscire ad abbracciarlo, o invitarlo a ballare. Che gli orchi esistono, dovunque, e soprattutto sbucano fuori dagli angoli da cui meno te li aspetti. Che la guerra, vicina o lontana, rovina il futuro. Che devo ricominciare a indossare vestiti di lana. Che non è semplice sistemare sotto lo stesso tetto decine e decine di personaggi e tenere le redini di tutte le loro storie, e che scrittore e opera alla fine forse sono sempre un po’ la stessa cosa, almeno in certi luoghi dell’anima e del testo.
Mie care Angela, Giulia e Monica: niente da fare, io senza di voi non ci sto più. Tanti cuori (ps. lo spazio qui sotto, nei commenti, è sempre vostro, se volete).