“A type of urban, secondary-world fiction that subverts the romanticized ideas about place found in traditional fantasy, largely by choosing realistic, complex real-world models as the jumping off point for creation of settings that may combine elements of both science fiction and fantasy”
Un processo di rielaborazione profonda nell’ambito della letteratura di genere, sentita forse non tanto qui da noi quanto più negli States e in generale nel mondo anglosassone in cui è più forte la tradizione della speculative fiction e che Einaudi ha voluto proporre nella sua interezza a partire dal packaging e dalle copertine, realizzate da Lorenzo Ceccotti:
@appuntidicarta ci piaceva l’idea di prendere la gabbia, la forma, del supercorallo e “mutarla” pur rimanendovi fedeli @Einaudieditore
— Francesco Guglieri (@fguglieri) 22 Marzo 2015
“L’AreaX, alla vigilia dell’Evento imprecisato che trent’anni fa l’ha imprigionata dietro il confine ed esposta a così tante vicende inspiegabili, faceva parte di una regione selvaggia situata nei pressi di una base militare. Era ancora popolata, quella specie di oasi naturale, ma da pochi abitanti, che tendevano a comportarsi da laconica progenie di pescatori. Qualcuno avrà visto nella loro scomparsa il semplice accentuarsi di un fenomeno iniziato generazioni addietro.
“Quando ebbe origine l’AreaX, le informazioni erano vaghe e confuse, ed è tuttora vero che al mondo pochi sono al corrente della sua esistenza. Il governo, nella sua versione dei fatti, pose l’accento su una catastrofe ecologica circoscritta derivante dalla sperimentazione in campo militare. (…) Nel giro di un paio d’anni diventò materia per i teorici del complotto e altri personaggi di nicchia. Quando mi arruolai e mi venne rilasciato il nullaosta di sicurezza per apprendere come fossero realmente andate le cose, l’idea di un’ <> persisteva nella testa di molte persone come una fiaba oscura, un’idea su cui non volevano riflettere troppo. Ammesso che ci riflettessero” (pp.89-90)
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Questa è la storia, raccontataci in prima persona, della dodicesima spedizione inviata dall’Agency governativa “Southern Reach” alla volta dell’AreaX. Il gruppo, capitanato da una psicologa, che impone la sua autorità su altre tre colleghe, è composto da altre tre donne di cui non sapremo mai il nome: una topografa, un’antropologa e infine una biologa – l’io narrante della vicenda – che si spingeranno nel cuore di questa terra incontaminata e misteriosa decise a carpirne il segreto, come tutti coloro che le hanno precedute. Che fine abbiano fatto i membri delle precedenti undici spedizioni (sempre che fossero solo undici) qui non si può dire.
“La conclusione logica era solo una: l’esperienza diceva ai nostri superiori che pochi di noi, se non nessuno, sarebbero tornati” (pag.91)
Protagonista delle vicende – almeno, di quelle di questo primo volume – non è tanto la giovane donna di cui leggiamo il diario (perché di questo si tratta, per quanto: “Non resta molto altro da raccontarvi, anche se non l’ho raccontata proprio giusta” – pag.180) quanto la Natura in tutta la sua magnificenza, descritta, questo sì, attraverso gli occhi esperti di una professionista del mestiere. Fauna e flora mirabilmente ispezionate nei minimi particolari, prima osservati e poi dettagliatamente riprodotti per mezzo di un linguaggio che nella sua asettica scientificità trasuda, per paradosso, una passione infinita e totalizzante per le meraviglie di un mondo che alla fine l’Uomo non può fare altro che osservare, con inquietante e crescente estraneità.
Ma il rovesciamento della prospettiva non si attua, come sovente accade in questi casi, applicando alla Natura le caratteristiche di un maelstrom incontenibile e privo di significato che travolge in ondate di violenza inesplicabile tutto ciò che incontra sul proprio cammino, quanto quelle, piuttosto, di un organismo cosciente che si muove secondo una propria intima e precisa volontà. Intenzione che non ha nulla di sovrannaturale ma che comunque rimane insondabile all’occhio dell’Uomo, ridotto a mero spettatore e forse a microscopica vittima di un processo che di certo non è cominciato con la nascita dell’umanità e forse neppure si concluderà con la scomparsa degli esseri umani.
Siamo di fronte a un testo complesso anche per impianto narrativo e linguaggio – tradotto con perizia da Cristiana Mannella – che di certo non può essere definito soltanto come lettura di evasione ma che al contrario pone diversi interrogativi, stesi in forma simbolica, tra cui quelli ad esempio relativi all’intelligenza artificiale (come sottolinea Wired citando il Los Angeles Review) sui quali già da tempo si stanno interrogando scienza e letteratura.
E no, don’t worry, non è Lost.
Nota sull’autore: tra i premi vinti dallo scrittore ed editore Jeff VanderMeer (Bellefonte, 1968) figurano il BSFA Award, il World Fantasy Award, il Nebula Award. E’ stato finalista all’Hugo Award. E’ autore del best-seller “City of Saints and Madmen” e di numerosissime raccolte di racconti e saggi sia propri sia in raccolta di autori vari. Qui la bibliografia completa.
Buona lettura 🙂