"La preda", di Irene Némirovsky

Più riguardo a La preda  “<Finanza e politica – aveva detto un giorno a Dourdan – sono le due mammelle a cui si attacca l'ambizioso. Ma una è per metà prosciugata – aveva risposto Dourdan, perché era l'epoca dei grandi crac. Sì, il denaro era un merce effimera e deperibile. Solo per il denaro non avrebbe venduto la sua vita, ma c'era dell'altro… Non avrebbe pensato di sposare una ragazza semplicemente perché provvista di una bella dote, come avrebbe fatto un ragazzo privo di mezzi venti o cinquant'anni prima. Quello che bisognava inseguire non era tanto il denaro quanto un certo mondo, vicino al potere, o che il potere ce lo aveva in mano…” (p49) 
“Il mondo dei Sarlat, quello della finanza e della politica, era il solo in cui fosse ancora possibile progredire, non ristagnare, intraprendere qualcosa e portarlo a buon fine. Giacché per il resto… Lavoro non ce n’era da nessuna parte, né c’era la possibilità, o anche solo la speranza di progredire, di soddisfare le ambizioni più naturali dell’uomo. A costo di privazioni inaudite lui aveva ottenuto un titolo di studio il cui valore era pari al peso della carta sulla quale era stampato” (p60)
“Tutto si mercanteggiava nel segno dell’amicizia, della fiducia, dei favori dati e ricevuti, e così facilmente… Con una parola, un sorriso, un’alzata di spalle, degli imbecilli venivano portati alle stelle, dei ladri perdonati e uomini senza virtù né intelligenza forniti di laute prebende” (p78)
“Qual era stata l’esca usata da Abel Sarlat per riuscire a coinvolgere Langon in quelle speculazioni finanziarie che erano andate così male, che vanno male così facilmente? …Con ogni probabilità non c’era nemmeno stata un’esca… era bastata la leggerezza dell’uomo politico, dell’uomo importante, viziato dal successo…” (p108)
“Come si affezionavano in fretta, quegli uomini… Sembravano creati per nutrire e allevare i loro futuri rivali, o loro nemici. L’abitudine a vivere in pubblico, in una perpetua rappresentazione, li induceva a dare con facilità non la loro fiducia, ma le apparenze di una fiduciosa familiarità”(p112-113)
“Nelle tribune della Camera, una folla immobile, stipata tra le colonne, aspettava le sue star con silenziosa soddisfazione. Una folla sensibile non tanto alla precisione o alla profondità delle argomentazioni quanto al tono della voce, all’efficacia di una parola, di un gesto, di un’esclamazione” (p119)
Stiamo parlando dell’Irene, che scrive questo “La Preda” nel 1936 su suggerimento della rivista “Gringoire”, che poi pubblica il testo a puntate. La trama è (relativamente) semplice: il giovane Jean-Luc Daguerne, nato da famiglia povera, accecato dalla sete di riscatto sociale ed economico, spende la giovinezza alla ricerca del denaro e dell’affermazione personale nell’unico modo in cui gli pare conveniente, ossia gettarsi a capofitto nel mondo (fumoso e corrotto) dell’economia e della finanza. Finirà sì benestante, ma solo e corrotto, vittima – no meglio, “preda” – di tutto ciò che non è stato in grado di apprezzare durante gli anni migliori della vita: gli affetti familiari e filiali, le bellezze della vita, le amicizie profonde, uniche e durature, e, soprattutto, l’amore. Poiché la crisi economica crea e modella un tutto mercificabile la cui acquisizione, tuttavia, richiede pur sempre un obolo: “Il titolo, La Proie, è emblematico di un periodo in cui tutto, dai sentimenti al benessere, alla dignità, è oggetto di rapina” (OPhilipponat / PLienhardt “La vita di Irène Nemirovsky”, Adelphi 2010 p265).
Curiosamente, si veda l’articolo a firma Massimo Gaggi su @La_Lettura #73, di ultima uscita, che abbiamo riportato martedì su Twitter: “Tutto si vende, anche l’onore”, con sottotitolo “Michael Sander contesta la dilagante mercificazione dei costumi e dei valori: Posti in fila, celle singole, uteri: il mercato della nuova società di mercato”. 
La versione completa dell’opera viene data alle stampe nella primavera del 1938, vende più di diecimila copie (op cit p281) e stupisce i contemporanei per il vigore del giovane Daguerne (dal carattere tipicamente “nemirovskiano”) e l’acume stilistico con cui il personaggio viene dipinto malgrado una certa lentezza e prevedibilità della trama “a tesi”, che ad alcuni, per altro, risulta eccessivamente politicizzata. E da parte dei critici contemporanei il confronto con il protagonista della Nausée, opera di un “certo” Jean-Paul Sartre e pubblicata nello stesso anno, viene naturale… ma di risultato non scontato.
Buona lettura 🙂

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