
“Argomentò che, per lui, uno scrittore era una persona come le altre, né migliore né peggiore, che bisognava essere consapevoli dei limiti della letteratura e bisognava bandire la presunzione narcisistica, petulante e atiquata che avesse qualche utilità, perché in fondo la letteratura non era che un gioco intellettuale, un intrattenimento incapace di insegnare qualcosa a qualcuno o di cambiare qualcosa”. (pag55)
Ho finito #TerraAlta la notte scorsa. Sono arrivata a Javier Cercas per una strada curiosa: seguendo il suo traduttore. Così funziona per me, a volte. E quello a cui più tengo in questo caso non è tanto “Terra Alta” in sé, che è un poliziesco bellissimo (non per niente ha vinto il premio Planeta nel 2019) intessuto di paesaggi, natura, letteratura, libri, citazioni – prime fra tutte quelle da “I Miserabili” – tenuto insieme da una trama fitta, ricca di colpi di scena e bei personaggi che non cedono mai allo stereotipo, ma l’aver scoperto uno scrittore pazzesco.
Ora penso proprio che andrò a ritroso, a recuperare quel che mi preme, per esempio “L’Impostore”. Cercas è un bravissimo giallista perché bada bene di conservare “Terra Alta” lontano da quella decontestualizzazione un po’ cinematografica che purtroppo è ormai parte integrante di molti polizieschi contemporanei. Ma Cercas non è soltanto un bravo romanziere: la sua opera è militante, mi par d’aver capito, perché per lui ogni dolore, anche quello più personale, è legato alla Storia: ogni fatto crudele, ogni rabbia, ogni desiderio di vendetta è, di base, alle origini, il frutto di un passato comune, di un danno sociale, di una crisi che non è solo intima ma anche collettiva. E tutto, voglio dire il privato e il collettivo, è sempre mescolato insieme, perché – come curiosamente ci sta capitando proprio ora:
“C’è gente che dimentica che quella guerra è stata anche questo. Una valvola per sfogare gli odi, i diverbi e i rancori accumulati per anni” (pag.356)
e siccome “la giustizia non è soltanto una questione di contenuto”, accade che “non rispettare le forme della giustizia è la stessa cosa che non rispettare la giustizia”. (pag258)
Sicché io penso proprio che Javier Cercas dovrei continuare a leggerlo.