"Ida" – "Legami di sangue", di Irene Némirovsky

Giorni passati, su Twitter, girava questo intervento qui, a firma Paolo Di Paolo, pubblicato sul blog di #Masterpiece in data 19 Dicembre (aperta e chiusa parentesi: leggetela, l’Officina Masterpiece, capita che spesso sia più interessante del programma in sé). 

In specie, quindi, si parlava del diventare scrittori: processo che, non v’è dubbio alcuno, presuppone una sistematica, metodica, difficile, ardua, infinita gavetta …da lettore.

Ora. Parlando di scrittori da imitare, io pensavo che se proprio dovessi mai cimentarmi nella difficile arte della scrittura, ecco, una da tenermi cara sarebbe davvero l’Irene, con le sue descrizioni dell’Essere Umano, di cui non è mai avara, in nessuna delle sue opere.

Perché l’Irene ha del metodo. Se l’è studiata la questione, questo è evidente, aggiungendo a quel talento narrativo che innegabilmente possiede – condito da una buona dose di sensibilità e intuito – un’osservazione analitica che, si capisce, viene dallo studio e, a sua volta, dalle letture personali di cui non ha mai fatto mistero, anzi: spesso nelle interviste rilasciate alle riviste dell’epoca la si vede soffermarsi con affetto e reverenza sulle proprie frequentazioni letterarie.

Maestrina dalla penna rossa sempre in lotta con se stessa alla ricerca dell’eccellenza intellettuale, è avvantaggiata da una condizione patrimoniale evidentemente di prestigio – almeno al principio – che le offre del materiale ricco e sempre nuovo su cui riflettere e con cui esercitarsi. 
Frequentazioni d’elite, alta letteratura internazionale ma non solo. L’Irene mostra un interesse vivo, sincero e curioso, indubbiamente scevro da patemi neo-veristi, anche – e vien da dire nonostante il di cui sopra status sociale – per qualsiasi espressione artistica che abbia il merito di impiegare la fisicità dell’espressione individuale: variété, avanspettacolo, café-chantant e cinema, prima muto e poi parlato, tutto fa numero e poco importa che poi questa materia venga utilizzata per completare il romanzo di una vita o per recuperare (come in questo caso) il denaro necessario a tirare avanti attraverso collaborazioni a contratto.

Sicché l’Irene si inventa uno standard tutto personale, una firma leggera e onnipresente, briciole di pane a guidarla sulla difficile strada della scrittura come erano gli esametri delle formule omeriche per gli aedi alla corte dei vecchi re barbuti.

Prima solitamente guarda al volto: gli occhi, la forma del viso, la carnagione, il naso, la bocca. Poi un passo indietro, per dar forma a capelli, orecchie, spalle. E’ un primo piano cinematografico che meticolosamente sposta e allarga: tronco, arti, altezza, peso, portamento; poi abiti, movimenti in campo lungo a ricollocare la figura nello spazio teatrale della scena. Conoscere l’Uomo per interpretare il presente, alla luce del passato, e dar forma al futuro.

“Gabriel… cerca di ricordarsi il suo volto, e subito lo rivede, come se fosse ancora seduto al suo fianco, chino verso di lei. Un gran naso aquilino, quasi adunco, come un becco da uccello rapace, delle guance ossute, con le superfici marcate, gli occhi chiari con la pupilla dilatata dei drogati, un lungo corpo magro e sinuoso, delle belle mani agitate da un tremito impercettibile, ma una bocca fremente e sensibile da vecchio guitto. Il suo volto era pallido e trasparente, il pallore degli uomini che scrivono tutto il giorno con la carne che alla lunga sembra riflettere il bianco della carta. Esagerava l’agilità silenziosa dalla sua andatura, ed esagerava la curva satanica delle belle sopracciglia che si depilava come una vecchia civetta…” (Ida, p29-30)

“Era una donna anziana, piccola e pesante. Si sforzò di conferire ai suoi lineamenti un’aria gioiosa e spensierata, ma gli occhi stanchi, sotto le palpebre rotonde e pallide, si illuminarono appena. Sorrise solo con gli angoli della bocca, e il volto avvizzito, invaso dal grasso, si atteggiò subito involontariamente in una smorfia imbronciata” (Legami di sangue, p5)

“I fratelli erano diversi l’uno dall’altro, ma in una maniera misteriosa si somigliavano. Albert era un cinquantenne con il viso tondo, il cranio e la pelle rosati, gli occhi malinconici. Augustin era più piccolo, magro, con i capelli argentati sulle tempie. Aveva un volto piacevole, che stava cominciando a imbolsire, e un’aria freddolosa e assente lo faceva somigliare ogni tanto a un gatto addormentato” (Ibid., p6)

– Ida, in “Marianne”, 82, 16 maggio 1934; ripreso in Films parlés, “Renaissance de la nouvelle”, Gallimard, Paris, 1934
– Liens du sang, in “Revue des Deux Mondes”, 15 marzo e 1° aprile 1936
@Elliotedizioni, 2013, nell’eccezionale traduzione di Monica Capuani

Buona lettura 🙂

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