“Grande trampoliere smarrito”, di Arthur Cravan – a cura di Edgardo Franzosini (*)

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Ma quanto mi piace Edgardo Franzosini. C’è che qualsiasi cosa lui scriva, io devo leggerla per forza. Sarà che sono cresciuta a suon di favole prima e con le rime omeriche poi, rendendomi di fatto dipendente – me lo spiego così – da un certo modo di raccontare storie, con quel gusto che mi prende ogni volta che ascolto qualcuno favoleggiare a voce alta delle “vite degli altri” – vite di altri veri però, o presumibilmente tali; sarà l’art nouveau, il futurismo e il dadaismo, il fascino per il peculiare, lo strambo, il freak di una certa epoca (nella narrazione della quale Franzosini dà il meglio di sé). So solo che se esce qualcosa a firma Franzosini, io devo precipitarmi a leggerla.

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Non fa eccezione “Grande trampoliere smarrito”, che in realtà è un lavoro un po’ diverso dai precedenti perché la nota biografica su Arthur Cravan, scritta da Franzosini, è preceduta da una raccolta di scritti di Cravan stesso – o meglio, di Fabian Avenarius Lloyd di cui Arthur Cravan rappresenta solo lo pseudonimo. Nato a Losanna nel 1887, nipote di un consigliere della regina Vittoria e parente di Oscar Wilde per parte di padre, Cravan “fu poeta, scrittore, pittore, critico d’arte, conferenziere e pugile (ma, secondo Blaise Cendrars, anche scassinatore, raccoglitore di arance nelle piantagioni della California, pescatore di merluzzi al largo di Terranova, conducente di taxi e ricattatore: tutte occupazioni che Cravan intraprese e quindi abbandonò perché attratto, come scrisse lui stesso, dalla *meravigliosa vita del fallito*)” (p143).

Viaggiò in Europa e nelle Americhe, scappando dalla legge e dalle amanti; dall’alto dei suoi 104 chili di peso si misurò sul ring coi pugili più famosi tra cui Jack Johnson e Jim Smith (“el diamante negro“), incontrò i più grandi letterati e artisti dell’epoca, pubblicò riviste, studiò il greco antico, navigò come clandestino, si travestì da donna per scappare alla leva militare, insegnò la boxe ai giovani messicani.

Tutto finisce bruscamente il 18 ottobre 1918 a Salima Cruz, davanti al Golfo di Tehuantepec: dopo questa data, ultima testimonianza scritta della sua presenza in vita, di Cravan si perdono le tracce. Alcuni dicono che fu assassinato dopo una lite, altri che sparì consapevolmente, altri ancora che non sparì per nulla – e da quel momento in poi visse il resto della vita sotto pseudonimo. Andò come andò, il suo corpo non si trovò mai.

“Ed era sempre a casa sua che, dopo aver visto W. portare nei vari ambienti di cui era il re (cosa che gli valse un’accusa di vanità: come se ogni grandezza non avesse i suoi abissi) quella strana irradiazione di vita che costringeva le teste a voltarsi e le conversazioni a languire, e dopo i suoi giorni brillanti, lo si poteva vedere nei suoi giorni di depressione, di reazione, i suoi giorni di spleen, in cui era, secondo l’espressione inglese, ineffably bored, come svuotato” (Artur Cravan, “Documenti inediti su Oscar Wilde”, “Maintenant“, I, 1, aprile 1912 – a firma W. Cooper)

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Gli scritti di Cravan sono poliedrici, così come è poliedrica la sua personalità:

“Voglio anche mostrare le stranezze del mio carattere, focolaio delle mie incongruenze, la mia natura detestabile, che pure non scambierei con nessun’altra, sebbene mi abbia sempre impedito una linea di condotta, perché talora mi rende onesto, talora subdolo, e vanitoso e modesto, volgare e raffinato” (Artur Cravan, “Oscar Wilde è vivo!”, “Maintenant“, II, 2, luglio 1913 )

e in lui è così vivo lo spirito di un’epoca fatta di scoperte e sperimentazioni, arte, lussi e povertà, viaggi, esperienze estreme, enormi rivolgimenti storici e scientifici che non è quasi mai possibile identificare con certezza la linea praticamente impalpabile che separa la persona dal personaggio. La perizia di Edgardo Franzosini sta proprio qui, nel saper illuminare, cautamente, gli angoli d’ombra – sempre in equilibrio instabile eppure così solido tra l’accuratezza del lavoro di ricerca e documentazione e la suggestione che deriva da un racconto non privo di fascino, per la particolarità sia dei soggetti scelti, sia del periodo storico preso in esame.

“Il fascino del suo carattere, in quei momenti ingrati in cui *la si paga* – non è forse stato lo stesso W. a dire che il guaio nella vita è che bisogna sempre pagarla? -, gli toglieva il senso dello humor, e allora si mostrava mite, come ferito. Aveva bisogno di cure e di carezze femminili, era come un bambino viziato che sorride, un po’ triste… ” (Artur Cravan, “Documenti inediti su Oscar Wilde”, “Maintenant“, I, 1, aprile 1912 – a firma W. Cooper)

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La settimana scorsa, di sera, ho attraversato una Milano piovosa e piena di vento fino a raggiungere gli amici di VersoLibri e assistere alla presentazione del libro, riguardo al quale discutevano Edgardo Franzosini e Marco Rossari. Sarà stato il meteo, sarà stata VersoLibri di per sé – un angolo di luce incastrato così, tra il buio delle colonne di San Lorenzo – insomma, di nuovo nessuno può capire fino in fondo, ma potrei descrivere questo incontro come una “esperienza immersiva“. Di un certo modo di vivere Milano, di raccontare storie, di narrazione condivisa, di autunno alle porte.

Buona lettura 🙂

(*) Traduzione di Maurizia Balmelli e Nicola Muschitiello

Un pensiero su ““Grande trampoliere smarrito”, di Arthur Cravan – a cura di Edgardo Franzosini (*)

  1. Adoro Franzosini, che ho anche avuto il piacere di conoscere personalmente, è uno scrittore di grande stile che sa raccontare le storie più incredibili. In questo caso, ha fatto da portavoce a un altro personaggio veramente eccentrico, Arthur Craven. Un piccolo libro straordinario!

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