"La cena di Natale", di Luca Bianchini

Più riguardo a La cena di Natale di Io che amo solo te (Si sa, Natale non è per i cuori deboli. Né per quelli troppo felici, né per quelli troppo tristi). 

LBianchini si inventa un Christmas Carol tutto all’italiana che se da una parte si affida, per ambientazione e ritmo narrativo, al classico, evocativo racconto natalizio dall’altra strizza elegantemente l’occhio niente meno che …al cinepanettone nostrano.

I protagonisti che ritroviamo attorno al desco di Matilde per il cenone della Vigilia [che a Polignano non si festeggia mai, ma quest’anno ci sta bene, “come fanno a Bari” (p26)] sono quelli che abbiamo imparato a conoscere leggendo #iochamosolote: Ninella e don Mimì, la First Lady, i due figli Damiano e Orlando, Nancy e Chiara, e poi ancora zia Dora e zio Modesto, Pascal il truccatore dei vip, Tony il latin lover e tutti i co-protagonisti che avevano reso l’opera quel caleidoscopio di mirabolanti avventure che tanto ci avevano divertito – e fatto riflettere.

Troviamo questa commistione di registri fin dal principio, nella poetica delicatezza di una nevicata sul mare:
«Mamma mè… nevica» disse, e per un attimo tornò bambina. Si ricordò di quell’anno in cui la scuola aveva chiuso una settimana e lei se n’era restata in casa a guardare la finestra dicendo: «Ma al mare non si appiccica» (…). Per Ninella era quella la neve. Certo negli anni successivi non si sarebbe messa in macchina per andare a vederla a Monopoli, come avevano fatto alcuni compaesani. Lei si spostava a Monopoli solo per Mondo Mocassino” (p9-10)

Mondo Mocassino. La chiave di lettura sta tutta qui, come per l’opera precedente. Perché non ce n’è di storia: l’italiano medio vorrebbe de-provincializzarsi, fare l’internazionale, vivere la globalizzazione. Ma non gliela fa, per quanto ci si metta di impegno. Col risultato unico di de-strutturarsi e de-personalizzarsi, senza riceverne alcun guadagno, né arricchimento personale.

Così, il biondo-Kidman che Lucia Coiffeur (no, pardon, Lucia hair-designer, dopo il corso di aggiornamento fatto a Bari) convince Ninella a mettersi in testa, su di lei fa soltanto “una di quelle belle russe che vanno a Forte dei Marmi” (p89). Il bidè quadrato nel bagno padronale a casa di Chiara, novella sposina, sarà pure di gran design ma è di uno scomodo pazzesco per non parlare dei rubinetti a fotocellula di palazzo “Petruzzelli” (NB: piano alto condonato), che non ce li ha nessuno a Polignano ma poi a parte il fatto che ci vuole una laurea in ingegneria aerospaziale per imparare ad usarli, ogni volta “ti sembra di entrare in autogrill” (p99). E la cena di Natale? Ah no, nessun dettaglio, qui vi lasciamo intatta la suspance!

Una mercificazione della “roba” (pure all’opposto: zia Dora riciclerebbe pure un cewingum masticato se potesse) che ad un certo punto si pretende di applicare anche ai sentimenti, specie all’amore, tra biechi ricatti straboccanti livore, cadeaux esagerati che rigurgitano, colpevoli, affetto tardivo e postumi sensi di colpa, baci clandestini di mani strette sotto ai tavoli e cornini malcelati che tutti sanno ma che nessuno vuole vedere.

Per fortuna ci pensa il Natale a farci diventare tutti un po’ più buoni.
O forse alla fine buoni lo siamo sempre, solo che delle volte ce ne dimentichiamo.

Buona lettura 🙂

ps. prestate attenzione alla colonna sonora. Che non si vede (molto), ma c’è.

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